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Marco Minghetti. Giovinezza e politica

Riccardo Piccioni
Milano, Le Monnier, 329 pp., € 26,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il libro affronta con una scrittura chiara e gradevole e in otto puntuali capitoli gli
anni giovanili di Marco Minghetti. Attraverso una sistematica consultazione delle fonti, a
partire dalle carte personali presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, si comincia
dalla nascita nel 1818 in un’agiata famiglia emiliana per finire con l’esperienza di ministro
di Pio IX nei primi mesi del 1848. Nelle intenzioni dichiarate dell’a., si tratta del primo di
tre volumi che dovrebbero coprire in maniera completa l’intera vicenda biografica di uno
dei principali esponenti del gruppo cavouriano, nonché ultimo presidente del Consiglio
della Destra storica. Pur mancando un’organica e complessiva ricostruzione della traiettoria
esistenziale di Minghetti, non c’è dubbio che dalla svolta del Quarantotto in avanti,
e soprattutto per il periodo postunitario, notizie e informazioni sulla sua azione politica
non manchino copiose in vari e anche significativi studi, come ad esempio quelli di Aldo
Berselli e di Raffaela Gherardi. In tale contesto storiografico, questa prima puntata dell’ipotizzata
trilogia assume dunque uno speciale rilievo perché approfondisce il periodo
meno studiato della vita dell’uomo politico bolognese.
Per la minore conoscenza di quei suoi anni e per l’attenzione riservata alla seconda
metà della sua vita che ne hanno schiacciato l’immagine sulla prospettiva del ponderato
uomo di pensiero e di governo, quanto mai interessante appare ripercorrere per intero gli
anni, come evoca il titolo, della «giovinezza». Una categoria, quella del «giovanilismo»,
che appare tutt’altro che esagerata se applicata a quanto emerge da queste pagine. Esperienze
di vita generazionalmente forti connotano infatti quegli anni. Non solo le dure e
meditate letture, la dimensione cioè della riflessione intellettuale ma anche quella del vissuto
spingono Minghetti verso certe scelte personali e politiche. Il dolore per le persecuzioni
subite dall’amato zio materno, i viaggi compiuti già dai primissimi anni ’30 in giro
per l’Europa liberale come occasione sì di conoscenza ma anche di condivisione sofferta
e indignata per le gravi pene degli esuli, i fremiti di passione sprigionati dalla scopetta
dei letterati del Risorgimento, la fascinazione tutta sentimentale e carismatica per miti e
figure leggendarie del suo tempo come il generale rivoluzionario Lafayette.
Il giovane borghese e futuro moderato Minghetti è dunque immerso negli empiti
della gioventù del suo tempo e nella più calda sensibilità culturale romantica. Per quanto
non esplicitamente tematizzato dall’a., pare così emergere da quanto di fatto il volume
documenta sugli anni ’30 e ’40 della biografia minghettiana l’intreccio fra questi due
piani. La sua formazione politica, chiaramente influenzata dalle categorie del «progresso»
o dell’«incivilimento» tipiche del liberalismo europeo, pare convivere in quegli anni anche
in un «cavouriano» come lui con una pedagogia patriottica che pur lontana sui modi con
cui fare l’Italia dai patrioti più accessi e più radicali, sul piano dell’immaginario ne respira
e ne condivide emozioni, valori e sentimenti.

Marco Manfredi