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Marco Mondini – Alpini. Parole e immagini di un mito guerriero – 2008

Marco Mondini
Roma-Bari, Laterza, XIV- 255 pp., euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2008

Il corpo degli alpini gode di un consenso che in Italia nessun’altra truppa speciale può vantare; l’a. ne ricostruisce il mito e il suo consolidamento nell’immaginario popolare: «sono sempre sembrati soldati alquanto bizzarri. Ben poco entusiasti di donare il sangue per la patria, ma coraggiosi fino all’incoscienza, insofferenti della disciplina [?] ma pronti a seguire il proprio comandante fino alla morte» (p. VII). Mondini individua tre stagioni del mito. Dalla fondazione alla prima guerra mondiale si diffonde l’icona del soldato di montagna grazie a temi tipici della cultura dell’epoca, come il ruralismo e l’ideale della nazione in armi; durante il fascismo, con il contributo dell’associazionismo d’arma, si valorizza la figura dell’alpino in congedo che, similmente al legionario romano, è un cittadino-soldato carico di furore bellico; dopo la seconda guerra mondiale con le opere di Rigoni Stern, Revelli e Bedeschi ? tre reduci che raccontano la ritirata di Russia? il mito si focalizza sull’epico sacrificio degli alpini.Mondini utilizza un campione di circa 150 testi, in cui privilegia le opere letterarie senza trascurare l’importanza delle riviste illustrate e della monumentalistica per la costruzione dell’iconografia guerriera. Purtroppo tali opere sono desumibili soltanto ricorrendo al ricco apparato di note, a causa dell’assenza dell’indice dei nomi, che non dovrebbe mai mancare in studi seri come questo. Giocando sagacemente con le parole e le loro ambiguità, l’a. realizza una piacevole e partecipata opera di storia della cultura italiana, non priva di ironia. Nel testo vi sono cenni ad alcune delle questioni centrali nella storia degli alpini, senza approfondimenti forse perché giudicate evenemenziali: si veda ad esempio il ritratto di Antonio Cantore, di cui si ricostruisce finemente l’immagine pubblica, ma di cui si tacciono le discusse circostanze della morte. Grazie al fatto che non si tratti di storia politica o militare si può perdonare di buon grado all’a. il perdurare di vecchie interpretazioni, come quella che vorrebbe la scelta di adottare il reclutamento nazionale dettata dal desiderio di «unire gli italiani» e far loro conoscere regioni diverse da quelle natie, quando è noto che fossero esigenze di ordine pubblico a consigliare questa scelta, che non riguardò gli alpini, all’epoca reclutati territorialmente. Più comprensibile che non vi sia traccia di episodi come la fucilazione di venticinque alpini a Sebrenica l’8 agosto 1943 che nulla hanno da spartire con il mito guerriero, ma che rappresentano un unicum nella storia militare italiana nel conflitto.La storia del mito degli alpini si arricchisce dunque di un altro importante contributo dopo quello del 2004 di Claudia De Marco, che si arresta alla Grande guerra, mentre Mondini dedica poche pagine al periodo precedente la guerra mondiale ? e le differenze tra i due aa. non terminano qui, specialmente per alcuni aspetti interpretativi. Chi volesse una storia del corpo dovrà rivolgersi all’agile sintesi di Gianni Oliva del 1985 o all’ancor meno recente opera di Emilio Faldella del 1972, in attesa che venga pubblicata la tesi di dottorato di Pierluigi Scolè.

Gian Luigi Gatti