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Marco Palla (a cura di) – Lo Stato fascista – 2001

Marco Palla (a cura di)
Milano, La Nuova Italia, pp. 435, euro 25,82

Anno di pubblicazione: 2001

Questo volume, curato da uno studioso che già in passato si era occupato del corporativismo e di Firenze negli anni del regime, ha affrontato con saggi costruiti su solide basi bibliografiche (ma anche con ricerche archivistiche a livello locale e nazionale) alcuni aspetti importanti della dittatura mussoliniana.
Nel lavoro che apre il volume, dovuto al curatore, si delinea un’interpretazione del significato e delle caratteristiche dello Stato fascista che tiene conto di quanto la storiografia ha indagato e valutato nell’ultimo trentennio sia comparando la dittatura italiana con quella tedesca e con altre impiantate nella fase espansiva dei fascismi sia coniugando gli aspetti istituzionali e formali con quelli più squisitamente materiali dell’esperimento mussoliniano. Emerge da questa attenta analisi la duplice natura dello Stato fascista nello stesso tempo strumento di controllo poliziesco e di mediazione sociale con caratteristiche almeno in parte diverse tra il centro-nord e il sud per adattarsi a società fortemente differenziate a livello economico e sociale ma anche culturale e civile. Il secondo saggio approfondisce per opera di Enzo Fimiani la questione più volte esaminata del rapporto tra l’applicazione sempre più lacunosa dei meccanismi legati allo Statuto Albertino e la costruzione di una ?costituzione materiale? nella quale prevalgono le spinte al massimo verticismo e alla concentrazione dei poteri in apparenza nella diarchia tra il Re imperatore e il Duce ma nella sostanza in questo ultimo, divenuto depositario dell’ultima parola. Dal lavoro di Fimiani è possibile cogliere un’evoluzione che con ogni probabilità non si sarebbe fermata se la guerra e le sconfitte militari non l’avessero interrotta.
Il terzo saggio di Fabio Bertini ripercorre i tentativi del gruppo dirigente fascista di sviluppare attraverso il corporativismo aspetti di una politica sociale verso le masse popolari attraverso le assicurazioni e la previdenza ma l’estrema debolezza del sindacato fascista di fronte a un fronte imprenditoriale di fatto sostenuto dal governo rende difficile e incerto il cammino dello Stato sociale fascista e compone un edificio poco coerente, assai più arretrato di quel che caratterizza la politica sociale delle democrazie europee nel medesimo periodo. Dati e tabelle riportate nel testo lo dimostrano con la massima eloquenza. L’ultimo lavoro, di Luigi Ponziani, disegna il forte centralismo dello Stato fascista nel quale i prefetti assumono un ruolo per molti aspetti più centrale di quello ricoperto nell’età giolittiana. Appaiono di notevole interesse le conseguenze di riforme che cristallizzano i gruppi di potere designati a livello centrale nelle varie comunità locali e bloccano quasi del tutto una limitata circolazione delle élites che pure c’era stata negli ultimi decenni dello Stato liberale anche in seguito all’allargamento del suffragio elettorale. A voler tentare una provvisoria conclusione, il ritratto dello Stato fascista che si ricava dal volume disegna come prevalenti le caratteristiche di un regime quasi del tutto immobilista di vecchi equilibri nella parte meridionale del paese, più dinamico ma di poco nel centro-nord di fronte a una società che va più decisamente in direzione dello sviluppo dell’industria e dei servizi.

Nicola Tranfaglia