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Marco Severini – Nenni il sovversivo. L’esperienza a Jesi e nelle Marche (1912-1915) – 2007

Marco Severini
Venezia, Marsilio, 128 pp., Euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2007

Severini è sempre stato attento a inserire la storia della sua terra d’origine, le Marche, nelle vicende della storia dell’Italia contemporanea, dalla metà dell’800 sino ai giorni nostri. Ci riesce pienamente anche in questa sua ultima fatica, dedicata al soggiorno marchigiano (e alla formazione politica) di Pietro Nenni, dal novembre 1912 al maggio 1915. Sono mesi decisivi per il movimento repubblicano (cui aderisce Nenni) e socialista, divisi tra di loro (e al proprio interno) da aspri contrasti, che il giovane Nenni vive in prima persona, alla direzione di tre periodici («La Voce» di Jesi, «La Sveglia democratica» di Pesaro e il «Lucifero» di Ancona: in appendice, alle pp. 119-127, sono riprodotti i testi di alcuni articoli), fino alla sua partenza come volontario nella Grande guerra. È, per usare le stesse parole dell’a., la descrizione della «giovinezza di un agitatore», di umili origini e autodidatta (Mazzini, Victor Hugo, Carducci, Zola le sue letture preferite) che, nell’ideale del riscatto sociale dell’uomo e nella sua fiducia nella libertà, matura la sua adesione al repubblicanesimo, in quella Romagna che aveva visto la predicazione dell’ex triumviro Aurelio Saffi e in cui conosce Mussolini, nella comune lotta contro il giolittismo, il riformismo e la guerra di Libia e nelle condivise letture soreliane. Quando arriva a Jesi, nel settembre 1912, per collaborare con il leader repubblicano locale, l’avv. Paletti, Nenni è quindi un esponente politico noto, a dispetto dei suoi 21 anni, schierato con l’ala intransigente del PRI, guidata da Giovanni Conti e Oliviero Zuccarini. Nei due anni e mezzo di permanenza nelle Marche confermerà la sua natura di «uomo d’azione con specifiche capacità organizzative» (p. 38), attraverso un’enorme attività propagandistica e agitatoria, che lo portò a più riprese in carcere e che Severini ricostruisce dettagliatamente attraverso le fonti di polizia e lo studio della stampa locale. Questo attivismo troverà il suo culmine nella partecipazione da protagonista ai moti antimilitaristi della «settimana rossa» (7-13 giugno 1914) che avranno nella Romagna e nelle Marche il loro epicentro e che gli costarono un nuovo arresto. In carcere Nenni riprese lo studio di Mazzini e maturò gradualmente la scelta interventista, vedendo nella prima guerra mondiale l’ultima guerra del Risorgimento e, contemporaneamente, la possibilità di un’azione rivoluzionaria: partirà per il fronte nel giugno 1915 e vi resterà per sedici mesi, tornando con la convinzione che la guerra fosse, diversamente da quello che aveva creduto, lo scontro tra imperialismi «eguali e contrari» (Lo spettro del comunismo, Milano, 1921, pp. 35-36). Severini individua giustamente nella «coerenza di fondo del politico militante» il filo rosso che percorre questa e altre svolte della vita di Nenni. Meno convincente e per certi versi contraddittoria, se mi è permesso un solo appunto, mi sembra invece la conclusione secondo cui il sovversivismo di Nenni «si rivelò tutt’altro che velleitario, in particolare di fronte alla prova del giugno 1914, e rimase ancorato alla realtà degli eventi, in attesa di quel ?momento opportuno” all’azione che non riuscì a concretizzarsi» (p. 114).

Giovanni Scirocco