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Maria Ferretti – La Battaglia di Stalingrado – 2001

Maria Ferretti
Firenze, Giunti, pp. 127, euro 8,26

Anno di pubblicazione: 2001

Ha il ritmo serrato di un thriller, soprattutto nella prima parte, il piccolo volume che Maria Ferretti ha scritto sulla Battaglia di Stalingrado per la Collana XX Secolo edita da Giunti. La delusione provata nel leggere la prima pagina, dove uno Stalin quasi ?costretto? dalle esitazioni della Gran Bretagna e della Francia a firmare il patto nazisovietico troneggia in maniera sgradevole, viene presto superata. Il racconto di quello che fu uno dei momenti fondamentali della storia della Seconda guerra mondiale si sviluppa in maniera semplice ma completa, con uno stile fresco e accattivante. Nessuna delle considerazioni che accompagnano in genere la riflessione sul significato strategico-militare ma anche simbolico di quella battaglia viene sacrificata dalla Ferretti in nome della brevità a cui il volume si deve attenere. In poche pagine tutto trova uno spazio adeguato: le motivazioni economiche che spinsero Hitler a considerare Stalingrado un obiettivo fondamentale della campagna contro l’Urss, gli iniziali errori di Stalin nell’organizzare la difesa della città, la caparbietà del Führer, che decretò la drammatica fine dell’armata di von Paulus al quale fu dato ordine di non effettuare a qualsiasi costo la ritirata. Né manca il tempo all’autrice per soffermarsi sul lato più umano di quella vicenda: le terribili sofferenze subite dalla popolazione ma anche lo scoramento dei soldati tedeschi pronti però a obbedire al loro Führer e all’ultimo insensato sacrificio che egli chiedeva loro. Stalingrado come simbolo in cui si riflettono i segni della storia di quasi un intero secolo o, meglio, come crocevia di simboli: dell’epica militare; dell’inizio del declino del regime nazista; della rinascita di uno spirito di libertà che creò nella popolazione sovietica attese grandi poi amaramente risolte in un ulteriore consolidamento della dittatura staliniana. Ma anche momento di svolta nei rapporti con gli Alleati che finalmente, così come gli antifascisti, poterono dimenticare l’onta del patto che aveva legato Stalin a Hitler, riconoscendo nello stesso tempo nell’Unione Sovietica i tratti della grande potenza. E, infine, Stalingrado come la memoria dimenticata, ovvero come l’incapacità, sia in Germania che in Urss (e anche nella Russia postcomunista) di affrontare, attraverso uno studio documentario di quella vicenda, il più ampio problema delle atrocità del nazismo e dello stalinismo.
L’autrice ha un’evidente passione per le cifre che con abilità dissemina lungo il racconto per aiutare il lettore a capire ciò che Stalingrado significò dal punto di vista più strettamente militare quanto a spiegamento di eserciti, mezzi corazzati usati, intensità dei bombardamenti effettuati. Bella anche la scelta delle fotografie che corredano il testo. Un’unica trascuratezza: con qualche cartina in più sarebbe più facile per il lettore comprendere meglio la complessità delle operazioni militari.

Elena Dundovich