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Maria Luisa Betri (a cura di) – Contadini – 2006

Maria Luisa Betri (a cura di)
Torino, Rosenberg & Sellier, 358 pp., euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2006

Questo volume fa parte delle iniziative promosse dal Centro di ricerca e documentazione per la storia del lavoro in Italia in età contemporanea, istituito dalla Cassa di Risparmio di Imola, come illustra nell’introduzione Angelo Varni. Si compone di dodici saggi, opera di storici e di geografi; quattro sono dedicati ad altrettante tipologie fondamentali: l’operaio-contadino, di Gianluigi Della Valentina, i braccianti, di Aldino Monti, i mezzadri, di Amilcare Mantegazza, i piccoli proprietari coltivatori, di Gino Massullo. Degli altri saggi, due, rispettivamente di Antonino Blando e Sandro Ruju, trattano delle grandi realtà insulari della Sicilia e della Sardegna; i restanti, di Guglielmo Scaramellini, di Alice Giulia Del Borgo, di Stefano Allovio, di Valerio Bini, di Luca Bonardi, sono dedicati alla montagna, in prospettiva generale e in alcune esemplificazioni specifiche. Apre la raccolta uno scritto della curatrice Maria Luisa Betri che mette subito in luce la chiave principale del volume: il rinnovarsi di forme storiche di pluriattività e flessibilità del lavoro agricolo nei contesti mutati del Novecento e nelle differenze territoriali.Il maggior interesse del libro è che nei saggi, ben ponderati, si ha uno sguardo sull’intero secolo da poco concluso. Si tratta cioè di affrontare anche, e forse soprattutto, cosa è successo nella seconda metà del Novecento, ossia dalla grande trasformazione in poi. Dunque cosa è avvenuto dopo quel fenomeno cataclismatico dal quale hanno preso avvio i lineamenti dell’oggi. I mutamenti sono continuati. E il fatto che abbiano perso centralità nel discorso politico e ideologico non ha diminuito la loro importanza agli occhi degli storici che vogliano ricomporre un quadro unitario della realtà. Nell’Ottocento i contadini, o molti di essi, quando hanno potuto, sono stati contadini-operai. Nel Novecento, con ritmo diseguale, sono diventati, in modo diffuso, operai-contadini, ma dagli anni Ottanta, poiché il terziario è diventato lo sbocco prevalente dell’attività extra-aziendale, si possono definire «impiegati-contadini» oppure «piccolo commercianti-contadini» (p. 15 e p. 194). Allo stesso tempo non tutte le aree montane che sembravano a un tratto destinate all’abbandono e al degrado hanno subito fino in fondo questa sorte, ritrovando alcune di esse ragioni di nuova vitalità territoriale in chiave agraria, agro-industriale o turistica. Negli anni Sessanta l’agricoltura aveva una prospettiva esclusivamente produttivistica. Successivamente altre prospettive si sono affiancate. Il libro le racconta con efficacia, e forse un’ombra di speranza, dalla parte degli uomini in vario modo e misura legati alla terra.

Giacomina Nenci