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Maria Luisa Betri ed Edoardo Bressan (a cura di) – Cura e intervento sociale nel cremonese tra Otto e Novecento. Cent’anni dell’Istituto Ospedaliero di Sospiro (1897-1997) – 2001

Maria Luisa Betri ed Edoardo Bressan (a cura di)
Milano, Franco Angeli, pp. 191, euro 17,56

Anno di pubblicazione: 2001

Il volume nasce da un convegno, preceduto da una ricerca affidata a due giovani studiosi sull’archivio dell’Istituto Ospedaliero di Sospiro, di cui è stata avviata l’inventariazione: tutte iniziative promosse e finanziate meritoriamente dagli amministratori, di contro al diffuso maltrattamento, non solo abbandono, di archivi sanitari storici anche importantissimi.
Bressan ripercorre il passaggio dai sistemi di carità ai sistemi di assistenza, e per il periodo che interessa la vita dell’ospedale di Sospiro, esamina le tappe principali del welfare italiano dalla legge Crispi alle legislazione giolittiana fino alla politica sociale del fascismo. Nella trasformazione della società italiana nel secondo dopoguerra vede la Lombardia all’avanguardia e riconosce le radici delle difficoltà attuali fra pubblico e privato nelle istituzioni di assistenza.
La Betri fornisce il quadro del bacino di utenza per l’ospedale di Sospiro. Per abbassare le spese di degenza o d’assistenza domiciliare dei malati poveri a carico del Comune, sorse l’idea di aprire nel circondario dei piccoli ospizi, con pochi letti, anziché far andare tutti nell’Ospedale Maggiore di Cremona. Alle vicende politiche e amministrative della fondazione, Antonio Maria Orecchia dedica la sua ricerca, e documenta precisamente come per scopi del genere si creassero convergenze tra orientamenti e personaggi assai distanti fra loro, dalla filantropia laica e anticlericale alla carità ecclesiastica. In un’ottica istituzionale, riproduce alcuni documenti dello Spedale e fornisce qualche cenno sulle tristi giornate dei ricoverati. Come lui anche Paola Zocchi ferma agli anni ’40 la sua indagine sugli aspetti sanitari. Quello in cui si imbatte è molto interessante: l’accorpamento nella stessa istituzione dei vecchi (per i quali essa era principalmente sorta), con i malati psichiatrici, e con i bambini, sia deficienti (dal 1935 in uno speciale reparto) sia esposti. Tenendo conto che il piccolo ospedale rurale aveva nel 1939 raggiunto i 1.000 letti, e che il più noto sostenitore filantropo delle cure ospedaliere ai bambini era il cremonese Alfonso Mandelli, c’è da augurarsi che concluso il riordino dell’archivio questa ricerca prosegua vedendo assieme settori di storia sanitaria e assistenziale che sono stati finora tenuti abbastanza separati, come quello manicomiale e quello pediatrico, ancor meno studiato.

Patrizia Guarnieri