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Marino Biondi – Scrittori e miti totalitari. Malaparte, Pratolini, Silone – 2002

Marino Biondi
Firenze, Edizioni Polistampa, pp. 360, euro 21,00

Anno di pubblicazione: 2002

E’ ancora disagevole, per storici della cultura e critici, connettere romanzi a biografie, scritture a ideologie. Il totalitarismo inoltre, rivisitato non più con gli strumenti delle leggi e dei decreti ma con la poesia, l’arte, la musica, sembra delinearsi già ben prima della nascita dei regimi politici dittatoriali. Il lavoro di Marino Biondi ripercorre, ponendone in rilievo complessità, ambiguità e tragicità, il percorso di tre autori al cuore della cultura del Novecento: Malaparte, Pratolini e Silone. Ciascuno è stato oggetto, recentemente, di studi approfonditi e revisioni, persino ? si è scritto più volte ? revisionismi. Con rigore filologico e disciplina metodologica, Biondi ne ripresenta i casi individuali e insieme esamina i giudizi formulati dalla critica.
Inizialmente indecifrabile, poi ambiguo e infine appassionante è il caso di Curzio Malaparte; solo al termine della sua vita il percorso intellettuale e politico dello scrittore apparve acquisire una coerenza che il linguaggio ?bestiale? dei primi anni aveva reso aspro e a molti sgradito. Prima di aderire al fascismo e pubblicare Viva Caporetto, Malaparte si era scagliato contro il mito della patria ricordando che chi la guerra combatteva, i fanti contadini, non scriveva nulla, neppure lettere ai propri familiari. Si era così guadagnato sul campo, per così dire, minacce e accuse di disfattismo nichilista. Malaparte, spiega Biondi, era affascinato dal potere: studiò, descrisse e raccontò non solo le vittorie ma anche le sconfitte. Affascinato dal potere, non ne divenne mai, in ogni fase dei suoi repentini spostamenti, il servo ottuso.
Più intima la vicenda di Vasco Pratolini, riletto dai critici in questi anni alla ricerca di un nesso forte tra memoria e documento. Pratolini invece, spiega Biondi esaminando racconti, lettere e riflessioni dello scrittore sull’evoluzione della sua stessa scrittura, da Lo Scialo a Metello, credeva solo nella sua memoria, nella possibilità di reinventare la trama della propria vita. ?Non credo al diario?, scrisse nel 1946, come a dichiarare la consapevolezza di non dover attingere a fatti episodi e descrizioni della propria personale esperienza. Ma la vicenda biografica di Pratolini resta ancora oggi, in larga parte, inesplorata. Molto è ancora da comprendere.
Più complessa ancora è la vicenda di Silone, ricostruita in primo luogo sui saggi politici e autobiografici. Biondi avvia la disamina del ?caso? percorrendo il testo della Scuola dei dittatori e confrontandolo con il malapartiano Tecnica del colpo di stato. Silone, ben più di Malaparte, conosce gli elementi psicologici della politica, a volte protagonisti di azioni incontrollabili e scelte decisive. Ma la prosa ?notturna? di Silone, individuata per primo da Geno Pampaloni nei romanzi svizzeri, attende ancora di essere connessa a una vicenda che appare ambigua e inesplicabile. Il doppio ruolo di dirigente comunista e spia del fascismo rappresenta una nube densa di cui per molti anni, prima del rinvenimento delle nuove carte dell’archivio, la critica neppure si era mai avvista.

Dario Biocca