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Mario Agliati – Storia del «Corriere del Ticino» – 2004

Mario Agliati
Muzzano (Bi), Edizioni San Giorgio, 2 voll., pp. 1592, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2004

In molti si sono affannati a spiegare l’identità del Canton Ticino, triangolo isoscele con il vertice in basso che si insinua dalle Alpi fin dentro le prime colline che declinano verso la pianura padana. Storici, linguisti, politologi hanno cercato a più riprese di capire quale sia il collante di questo spicchio di italianità in Svizzera, quali i fattori aggreganti ? di coesione e di diversità, rispetto al resto della Confederazione, di confronto e di differenziazione, rispetto all’Italia ? di una realtà economica, sociale e culturale che in poco più di cinquant’anni è passata dall’essere una delle aree meno sviluppate ad una delle più ricche e dinamiche del paese, transitando direttamente dal settore primario (fatto di un’agricoltura di alta collina e soprattutto di montagna, con pochissime eccezioni) a quello del terziario avanzato (la banca e la gestione fiduciaria di immense fortune, molto spesso di facoltosi imprenditori italiani e, in anni più recenti, dei nouveaux riches dell’ex impero sovietico).
Uno strumento identitario di non poco spessore è stato il «Corriere del Ticino», fondato nel 1891 da Agostino Soldati, giudice federale animato da ideali liberalconservatori. Il volume di Agliati, studioso di spicco nel piccolo universo culturale ticinese, ma noto anche fuori dalla Svizzera per i suoi studi su vari aspetti della vita politica, sociale e culturale del Cantone, ricostruisce filologicamente la storia del giornale nei suoi rapporti con il resto della società e nelle sue dinamiche politico-culturali interne. L’impostazione fortemente narrativa del lavoro, la cura dei dettagli informativi e la predilezione per la storia politica ? una storia tutt’altro che monotona in Ticino, dove le passioni per il dibattito e l’articolazione della dialettica tra i partiti e nella società hanno raggiunto in certi momenti punte particolarmente surriscaldate ? offrono al lettore una panoramica ricca, ma lo lasciano anche alle prese con un quantitativo di interrogativi che le quasi 1600 pagine sciolgono solo in parte. Costruito attraverso una rilettura critica della collezione del giornale e supportato da una vasta bibliografia, ma privo, almeno all’apparenza, di altre basi documentarie ed archivistiche, dotato di un’appendice (curata da Guido Locarnini, direttore del giornale dal 1962 al 1984) che si limita ad offrire un ritratto biografico del fondatore, qualche documento riconducibile alla costituzione della Fondazione per il «Corriere del Ticino» e l’elenco dei membri del consiglio della Fondazione stessa e dei direttori che si sono susseguiti alla testa del giornale, il volume di Agliati resta tuttavia un prodotto di grande valore per entrare, attraverso una porta molto particolare, nel mondo politico e culturale ticinese e nelle dinamiche che hanno percorso la vita interna di questo giornale, inseguite con caparbietà e senza appariscenti autocensure.
Uno sguardo ai bilanci del giornale, alle fonti di entrata (la pubblicità) e alle uscite avrebbe forse aperto squarci inediti magari non del tutto secondari nella valutazione complessiva della vita ultracentenaria di un organo che è stato, al tempo stesso, palestra di dibattiti sia in campo politico che culturale e mezzo di unificazione della classe dirigente cantonale.

Luciano Segreto