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Mario Coglitore e Claudia Cernigoi – La memoria tradita. L’estrema destra da Salò a Forza Nuova – 2002

Mario Coglitore e Claudia Cernigoi
Milano, Edizioni zero in condotta, pp. 183, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il libro è diviso in due parti. Coglitore delinea una carrellata dell’estrema destra italiana dal 1945 agli anni Novanta (pp. 7-91). Cernigoi (pp. 93-172) analizza invece l’estremismo nero degli ultimi anni, raccoltosi attorno alla sigla di Forza Nuova secondo un’angolazione locale, che presta particolare attenzione al radicalismo di destra nel Triveneto, un utile laboratorio per delineare i rapporti politici, prima che personali, fra quest’area e i partiti della destra al governo (Alleanza Nazionale e Lega Nord). In particolare nella zona di Trieste riesce difficile stabilire i confini fra la destra radicale, xenofoba e antislovena e la destra governativa. Trieste, del resto, ha sempre ricoperto un ruolo determinante nell’immaginario dell’estrema destra italiana; e le attuali saldature politiche sembrano avere ereditato questa tradizione. A merito della Cernigoi una buona messe di notizie attinte anche dalle cronache recenti, ancorché non problematizzate a sufficienza sul piano storiografico. A merito di Coglitore l’avere colto nella figura del ?soldato politico? in lotta contro la decadenza della modernità il lungo filo rosso del radicalismo di destra dopo il 1945. Il concetto, che spiega la centralità di un pensatore come Evola, è all’origine di una deriva nichilista definita dall’impossibilità di reperire il nuovo soggetto politico e la nuova idea-forza per impostare la seconda ondata di assalto alla democrazia, dopo quella degli anni Venti-Trenta, posto che l’idea di nazione appare superata, quella di razza usurata, e piccola borghesia e ceti medi sono definitivamente inseriti negli ingranaggi del sistema borghese. Disperata e incapacitante, la visione del ?soldato politico?, talvolta coniugata con le suggestioni jüngeriane del ?passaggio al bosco?, si presenta spesso come la razionalizzazione ex-post della difficoltà di operare quando le speranze di successo politico si sono affievolite. Il militante neofascista è consapevole che avanza il deserto borghese e materialista; e che inani sono gli sforzi per frenare quell’avanzata. Da qui la scorciatoia di ripensarsi quale ?soldato politico? immune dal processo di desertificazione.
Ci pare condivisibile collocare nella seconda metà degli anni Ottanta una svolta. Chiusa la stagione dello stragismo, lacerato il rapporto con i settori deviati dello Stato, il radicalismo di destra entra in crisi. A partire da quegli anni, e fino alla comparsa di Forza Nuova, vengono a mancare i riferimenti organizzativi, e il radicalismo di destra si fa pulviscolare. Distinguere il radicalismo di destra dai momenti di aggregazione informale, quali le sigle delle curve da stadio, diviene difficile, o comunque un lavoro non più consono allo storico, ma al sociologo.
Per il resto, il nostro dissenso nei confronti del volume è esplicito, specie sotto l’angolo metodologico. Infatti, il taglio è di denuncia e militante. L’analisi ne soffre: militare non significa strapazzare il proprio oggetto di studio. Per dirne una. Renzo De Felice potrà anche non suscitare gli entusiasmi storiografici di Coglitore. Ma presentarlo quale ?intellettuale organico al partito [MSI]? (p. 24), è poco meno che un giudizio diffamatorio.

Francesco Germinario