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Mario Isnenghi e Giorgio Rochat – La Grande Guerra 1914-1918 – 2000

Mario Isnenghi e Giorgio Rochat
La Nuova Italia, Firenze

Anno di pubblicazione: 2000

Secondo dei quindici pianificati dall’Istituto per la storia del movimento di liberazione in Italia per una “Storia d’Italia nel secolo ventesimo”, questa grande sintesi appare a firma dei due forse maggiori studiosi italiani sulla Grande Guerra. Circa trent’anni dopo le monografie (I vinti di Caporetto, 1967, e il Mito della Grande Guerra, 1970; L’esercito italiano da Vittorio Veneto a Mussolini, 1967, e L’Italia nella prima guerra mondiale. Problemi di interpretazione e prospettive di ricerca, 1976), con cui rompevano l’interpretazione tradizionale, liberale e moderata, Isnenghi e Rochat oggi si trovano a firmare assieme, senza attribuzione separata di parti e capitoli, questa ampia sintesi. Il volume assume da sé una grande importanza perché, dopo quelle ormai lontane di Pieri e Melograni e quelle più vicine di Tranfaglia, Gibelli e Giovanna Procacci, questa non solo è la più recente ma è anche la più distesa e densa sintesi sulla guerra di cui si disponga.
Come suggerisce già la datazione nel titolo, la guerra italiana è inquadrata nella guerra europea e mondiale (quasi ogni capitolo si apre con un quadro europeo). I capitoli ripercorrono la situazione al 1914, l’intervento, la “guerra di Cadorna” sul fronte e nel fronte interno. Il 1917, con Caporetto, è visto come l’anno di svolta: ma il 1918 è l’anno della vittoria, ed in guerra – sottolineano gli autori – è quello che conta. Le conseguenze immediate, diplomatiche e politiche, del conflitto nonché la costruzione di un mito nazionale ed una rassegna degli studi storici completano il volume.
Il taglio della sintesi, non sorprendentemente viste le competenze degli autori, è politico e militare, più che sociale ed economico: anche se intellettuali, cultura e mentalità collettive sono tenuti presenti, e anche se i capitoli sugli uomini in guerra sono in fondo pagine di storia sociale, non meno che militare. Ma, anche laddove è più veloce, come si conviene la sintesi tiene di conto le ricerche più recenti.
Impossibile in questa sede riassumere o ricordare la quantità di spunti, di suggerimenti, di interpretazioni anche nuove che l’opera condensa, avvalendosi appunto di un trentennio di ricerche e di un’intera nuova generazione di studiosi che ha radicalmente cambiato la percezione della guerra e della sua rilevanza nella storia nazionale. Citeremo solo gli stessi autori quando, autodefinendo il proprio lavoro e forse pensando alla coppia di toponimi Caporetto-Vittorio Veneto, per tanto tempo vista come un’antitesi, hanno parlato di un “intento di riequilibrio fra realtà e immaginario, disciplina e insubordinazione, minoranza e maggioranza, illusioni e disincanti, Stato e società” (p. 507). Dopo la rottura, il riequilibrio quindi. In quest’ottica, come e più che in altri paesi d’Europa, la Grande Guerra aggrava in Italia squilibri politici e sociali ma, pur non creando un’accettata identità nazionale, spinge gli italiani – nelle pagine di questo volume – verso un nuovo “noi”.
Quattro anni dopo Vittorio Veneto, però, il Re della Vittoria chiamava al governo il “cavaliere”.

Nicola Labanca