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Mario Ivani – Esportare il fascismo. Collaborazione di polizia e diplomazia culturale tra Italia fascista e Portogallo di Salazar (1928-1945), – 2008

Mario Ivani
Bologna, Clueb, 323 pp., euro 27,00

Anno di pubblicazione: 2008

Attraverso il tema dei rapporti tra Portogallo salazarista e Italia fascista, Mario Ivani costruisce un libro che si inserisce in maniera originale nel dibattito sul fascismo in euro pa tra le due guerre. Questo libro ha un limite, quello della grande disomogeneità tra i temi di cui si occupa, ma è però un libro molto interessante, nel quale una «comparazione asimmetrica» tra le pratiche repressive fasciste e salazariste riapre la questione sulla appartenenza del salazarismo al fascismo, mostrando una volta di più quanto vi sia ancora da approfondire sull’argomento.Il libro si apre con due ampi capitoli sulla crisi del regime liberale e l’instaurazione del regime salazarista, che tiene conto anche della ricezione del fascismo in Portogallo e del tentativo del fascismo italiano di influenzare il fascismo portoghese tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30, attraverso i Caur. Il terzo capitolo introduce il tema della costruzione della repressione in Portogallo e della capacità fascista di esportare il proprio modello di repressione e controllo dell’ordine fino ai confini estremi del continente euro peo. È questo il cuore del libro, e quello nel quale lo studio di Ivani raggiunge i suoi risultati migliori, attraverso una riflessione attenta e approfondita sul regime salazarista e una comparazione costante con la letteratura italiana sul regime fascista e sulla sua repressione politica e poliziesca: questa ricerca permette all’a. di scoprire un dato in precedenza quasi sconosciuto, quale quello della missione della polizia italiana in Portogallo alla fine degli anni ’30 (dopo un tentativo di assassinio di Salazar) per sostenerne la riorganizzazione. Una ricostruzione che illustra i limiti – anche economici – della missione italiana, la difficoltà di rapporti con vari corpi dell’amministrazione portoghese, e anche l’ambiguità con cui gli italiani furono accolti. Gli ultimi due capitoli, quelli meno omogenei al resto dell’impianto, si occupano degli istituti culturali italiani in Portogallo e della piccola comunità italiana nel paese – poco meno della metà residente a Lisbona -, e dell’importanza di alcuni temi nello sviluppo dei rapporti culturali tra i due paesi, e in particolare il tema del corporativismo – esperienza fondamentale, almeno a livello propagandistico, per entrambi i regimi – e dell’eugenetica. Quest’ultima questione, poco più che accennata qui – per esplicita ammissione e scelta dell’a. – introduce però una riflessione sulla questione demografica, ma anche sul tipo e le forme di razzismo sviluppate nei e dai due regimi, oltre che sulla centralità di una riflessione euro pea su questo tema tra le due guerre. L’analisi della politica italiana sul Portogallo riporta l’accento sulla rivalità dell’Italia fascista con la Germania nazista nel corso degli anni ’30, ma anche sul velleitarismo e la scarsa consistenza della politica di potenza nel corso del periodo fascista. Una riflessione che bisognerà continuare a sviluppare.

Giulia Albanese