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Marta Petricioli – Oltre il mito. L’Egitto degli italiani (1917-1947) – 2007

Marta Petricioli
Milano, Bruno Mondadori, IX-500 pp., Euro 35,00

Anno di pubblicazione: 2007

Lo studio di Marta Petricioli ci restituisce un’immagine viva e articolata della presenza degli italiani in Egitto nei primi decenni del ‘900. La studiosa, pur premettendo alcune notizie storiche circa l’origine della comunità italiana, fa partire la sua indagine dal 1917, anno in cui fu effettuato il censimento generale della popolazione egiziana. Tale censimento è di estremo interesse per gli studiosi del paese del Nilo, poiché nella registrazione dei sudditi egiziani si tenne conto di una serie di fattori etnici, confessionali, nazionali, che hanno permesso di ricostruire la complessità e la estrema diversità nella composizione della popolazione residente in Egitto. Il censimento fu realizzato nel momento in cui, dopo lo scoppio della Grande guerra, il paese fu dichiarato protettorato britannico. Da allora, ogni dieci anni esso fu ripetuto, consentendo agli studiosi di analizzare i mutamenti della popolazione nel corso del tempo, fino alla crisi del secondo dopoguerra. È ciò che fa Petricioli, non limitandosi però alla sola analisi dei pur essenziali dati forniti dall’Ufficio di Statistica egiziano, ma integrandoli con un’imponente mole di documentazione ricavata dallo spoglio degli archivi dei ministeri degli Esteri e di altre istituzioni statali esterne al paese, come Francia, Inghilterra, Italia. Accanto a queste fonti, la studiosa ha potuto avvalersi di archivi privati, non meno interessanti di quelli ufficiali per ricostruire il vissuto e restituire un’immagine della comunità italiana che attraverso quasi un secolo ci appare molto viva e dinamica. Mi riferisco, in particolare, ai documenti ancora non pubblicati delle logge massoniche italiane cui aderivano molti connazionali, documenti che sono ancora in fase di studio e attendono una correzione e una pubblicazione definitiva. Tale documentazione solo apparentemente costituisce un noioso elenco di nomi senza volti. Scorrendo con attenzione e pazienza le liste che la studiosa riporta per esteso si scopre, ad esempio, che alla Loggia cairota della «Cinque giornate» apparteneva quell’Enrico Insabato, appassionato conoscitore del mondo islamico, che a inizio secolo si era prodigato per conquistare all’Italia l’amicizia di ambienti islamici egiziani in vista dell’impresa di Libia e che, per qualche tempo, era stato anche una sorta di agente di Giolitti, finché la sede diplomatica italiana si attivò per farlo espellere dal paese.È difficile rendere la ricchezza dell’affresco che Petricioli ci restituisce. Dal volume emerge un quadro d’insieme che vede affiancate diverse immagini della presenza italiana in Egitto: una presenza molto diversificata quanto a provenienza geografica, tipologia familiare, condizioni sociali, affiliazione politica. Difficile trarne una sintesi, tanto che, forse proprio per questo, l’a. non premette un’introduzione, né appone una conclusione al suo studio. I tasselli di vario colore e dimensione che hanno costituito il mosaico della presenza italiana in Egitto sono osservati e descritti da vicino, incrociando le notizie provenienti da fonti diverse. A lettura ultimata, sollevando lo sguardo e osservando a distanza la descrizione, ognuno potrà intuire i contorni generali, le linee evolutive del disegno di tale presenza.

Paola Pizzo