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Martin Klimke, Joachim Scharloth (a cura di) – 1968 in Europe. A History of Protest and Activism, 1956-1977 – 2008

Martin Klimke, Joachim Scharloth (a cura di)
New York-Basingstoke, Palgrave Macmillan, 344 pp., $ 74,95

Anno di pubblicazione: 2008

Indice della maturità degli studi sul ’68, il volume si propone come testo di consultazione per lo studio nel contesto europeo di un movimento dal forte profilo transnazionale, palese ? secondo gli aa. ? specialmente nelle radici e nell’atteggiamento cognitivo, nelle azioni intraprese, nelle reti personali e istituzionali intessute, negli stili di vita ed emozionali.I numerosi contributi, per lo più opera di giovani studiosi, sono distribuiti in tre grandi partizioni. La prima è dedicata alle radici del movimento, considerato precipuamente come forma di mobilitazione radicalmente contestativa, capace di coniugare al proprio interno innovazioni culturali e politiche. Non sorprende, perciò, che tra gli antefatti e i presupposti del suo transnazionalismo siano annoverati «provos» e «situazionisti», pacifismo e «nuova sinistra», ma anche nuove culture musicali e stili di vita «controculturali» del decennio precedente. La seconda parte ricostruisce secondo una comune griglia analitica il movimento di protesta in pressoché tutti i paesi dell’Europa continentale, considerandone il contesto socio-politico, la struttura organizzativa e il patrimonio culturale, l’attitudine verso le «superpotenze», gli eventi principali e la memoria successiva. Nel complesso, oltre l’ovvia varietà dei contesti, delle forme di espressione e degli esiti della mobilitazione, emerge la ricorrenza del ruolo della scolarizzazione di massa e delle contro-culture giovanili, la novità dell’organizzazione antiburocratica e reticolare del movimento, il rapporto con le pre-esistenti «nuove sinistre» critiche del consumismo e dell’alienazione «neo-capitalistica». Ma anche qualche peculiarità, ad esempio laddove, dall’Irlanda, al Belgio e all’Italia, almeno implicitamente si perseguiva anche il pieno conseguimento dei diritti civili, o in Spagna e nei paesi dell’Europa orientale, ove il confronto diretto con i regimi autoritari e una più incerta modernizzazione sociale stemperavano ? pur con significative differenze ? il radicalismo culturale e anche il carattere di massa del movimento.Se la prima parte è una discreta, pur di necessità parziale, introduzione tematica e la seconda un utile strumento di lavoro, la terza parte, infine, tratta le principali eredità del movimento, individuate ? con varia efficacia ? nel terrorismo, specie italiano e tedesco, nel movimento delle donne e in quello ecologista e, più generalmente, nel contributo alla democratizzazione del continente, in modo assai convincente colto nella capacità del movimento di sollevare, all’interno della più ampia tendenza alla democratizzazione operante nell’Europa postbellica, i temi dell’autodeterminazione individuale, della «tolleranza repressiva» esercitata dalle istituzioni tradizionali, della «manipolazione» operata dall’industria culturale, della vitalità dei gruppi di base e di iniziativa civica. Pur senza destabilizzare le classi dirigenti tradizionali, nel lungo periodo il movimento avrebbe contribuito alla complessiva democratizzazione dell’Ovest come dell’Est, costringendo la destra quanto la sinistra tradizionale a confrontarsi con l’emergente politica «post-moderna».

Simone Neri Serneri