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Massimo Montanari – L’identità italiana in cucina – 2010

Massimo Montanari
Bari-Roma, Laterza, VIII-98 pp., Euro 9,00

Anno di pubblicazione: 2010

«L’Italia esisteva da tempo. Era l’Italia dei modi di vita, delle pratiche quotidiane, degli atteggiamenti mentali. L’Italia della cultura, che ben più dell’identità politica definisce l’identità di un paese» (p. VII). Nelle righe introduttive di questo volume ritroviamo uno dei temi ricorrenti delle riflessioni in materia di identità italiana, che nell’ultimo ventennio hanno finito per costituire un corpus consistente, dopo la lunga fase della «prima Repubblica» durante la quale la questione era stata considerata come irrilevante o, nel migliore dei casi, scontata. Si tratta di un’identità «impolitica» o «prepolitica», anche a causa della cronica debolezza delle formazioni statali che si sono succedute nella penisola e del loro deficit di legittimità, che ha comportato, quasi per compensazione, un maggiore investimento, anche affettivo, sulla dimensione culturale dell’identità: «parte integrante di questa cultura – osserva Montanari – erano i modelli alimentari e gastronomici, elemento decisivo, sempre, delle identità collettive» (p. VIII).A questo proposito – e questo sembra uno degli elementi di maggior interesse del volume – viene ridefinito un altro luogo classico, ovvero la frantumazione dell’identità italiana in una molteplicità di realtà locali difficili da ricondurre a un’immagine coerente e unitaria. Insomma il tema delle «mille Italie», linguistiche, economiche, antropologiche e, last but not least, gastronomiche. In fatto di cultura alimentare, sarebbe un errore declinare la pluralità italiana in termini di regionalismo, di giustapposizione di presunte, e per lo più tardivamente inventante, tradizioni regionali omogenee. La specificità italiana si esprime piuttosto in un sistema reticolare del quale le innumerevoli città costituiscono gli snodi, central places di gravitazione culturale e materiale dei territori circostanti – i contadi – e al tempo stesso di connessione fra questi e il più vasto network system nazionale. L’unità della cultura alimentare italiana, come di altre dimensioni culturali del nostro paese, è un fatto reale ma profondamente diverso sia dal tipo di unità centripeta di Francia e Inghilterra, forgiata dalla capacità d’attrazione di una capitale politica, economica e culturale, e quindi in definitiva dallo Stato; sia dal modello «federale» fondato sulla giustapposizione e integrazione di grandi realtà territoriali fortemente strutturate, come nel caso tedesco o anche spagnolo. Quella italiana è un’identità costruita a partire «da uno spazio, materiale e mentale, all’interno del quale circolavano modelli di vita e di cultura, oggetti e saperi, uomini e abitudini» (p. 7). Anche dal punto di vista della cultura alimentare quella italiana appare come un’identità e un’unità «di rete», uno spazio di circolazione e di ibridazione di esperienze, la cui natura, oltre che fortemente urbana, è «assolutamente “locale” e al tempo stesso profondamente “nazionale”». Una realtà storica che, anche nel dibattito politico recente sulle possibili evoluzioni «federali» della nostra statualità risulta sistematicamente schiacciata da interpretazioni e proposte fondate su un modello «regionale» o, peggio ancora, «macroregionale».

Vittorio Beonio Brocchieri