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Massimo Viglione (a cura di) – La Rivoluzione Italiana. Storia critica del Risorgimento – 2001

Massimo Viglione (a cura di)
Roma, Il Minotauro, pp. 431, euro 23,24

Anno di pubblicazione: 2001

Anche al Risorgimento tocca il suo revisionismo, ma quello che propongono gli autori di questo volume ha ben poco di nuovo. Qual è infatti la tesi che viene qui proposta? Il Risorgimento è stata una rivoluzione che va inquadrata ?nel contesto generale di quel secolare movimento universale di sovversione dell’antica civiltà cristiana sacrale, monarchica e gerarchica e che trova i suoi momenti salienti nella rivoluzione religiosa (Protestantesimo?), nella rivoluzione politica (Rivoluzione Francese?), nella rivoluzione socioeconomica (Comunismo?) e in quella morale (Sessantotto?)? (p. 22). A questo processo, il Risorgimento contribuisce dichiarando guerra al cattolicesimo, distruggendo Stati legittimi, dando vita ad uno Stato accentratore, giacobino, corrotto, oligarchico, e totalitario. Le vittime di questa rivoluzione furono la chiesa cattolica e le popolazioni italiane, che in quella religione sotto attacco si riconoscevano pienamente, che non se la passavano poi tanto male sotto i governi restaurati (lo Stato della Chiesa è ricordato come tra i più progressisti d’Europa, dopo il 1848, p. 92), e che a difesa della loro identità cattolico-legittimista imbracciarono le armi prima contro i francesi e poi contro i soldati italiani nel Mezzogiorno. I protagonisti ?negativi ? del Risorgimento sono pochi liberali, atei e massoni, alleati con le potenze protestanti d’Europa che miravano a umiliare e distruggere l’autorità papale. Democratici e patrioti sono stati poi tutt’al più degli ?utili servi? (p. 44), manovrati da quel genio diabolico di Cavour, mentre persecuzioni, furbizie diplomatiche, arbitri, vessazioni, stragi sono protagoniste di tutte le fasi dell’unificazione, a conferma della sua profonda immoralità e illegittimità.
È una riproposizione fedele e parossistica, fino ad essere grottesca, delle tesi di larga parte del pensiero conservatore e antirivoluzionario, da Barruel alla Civiltà Cattolica, ad un Del Noce volgarizzato. Gli autori non prenderanno quest’osservazione come una critica in quanto il loro intento è proprio quello di risollevare dall’oblio, in cui la ?vulgata? (espressione ormai cult di qualunque tesi che si definisca revisionista) celebrativo-crociana-gramsciana-cattoliberale l’aveva relegata, questa tradizione di pensiero, la sola capace di mostrare la ?verità storica?. Con queste premesse non può certo destare sorpresa il fatto che nessuno di questi saggi presenti una ricerca nuova, che sia quasi del tutto assente un esame critico di quelle memorie e di quei racconti picareschi utilizzati in larga copia, che la storiografia degli ultimi cinquanta anni sia o tranquillamente ignorata o catalogata sub specie politico-ideologica. Ma non è tanto ? o meglio solo ? tutto questo ad irritare un lettore ?laico?, quanto piuttosto l’insistente attualizzazione dell’argomentazione (come citare P. Flores d’Arcais per spiegare cos’è il giacobinismo, p. 101), il linguaggio volutamente provocatorio, il vittimismo e allo stesso tempo la presunzione che attraversano le pagine di quello che è, nonostante le dimensioni, un pamphlet polemico.

Enrico Francia