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Maurizio Antonioli – Lavoratori e istituzioni sindacali. Alle origini delle rappresentanze operaie – 2002

Maurizio Antonioli
Pisa, BFS Edizioni, pp. 207, euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2002

Questa raccolta di saggi ? nonostante la modestia della presentazione introduttiva ? si raccomanda per la grande ricchezza di dati e una indubbia originalità interpretativa, ripercorrendo la migliore tradizione italiana di studi di storia sociale del sindacato.
Il lavoro amplia le nostre conoscenze sulla composizione di mestiere, demografica e organizzativa dei lavoratori fra gli anni Novanta dell’800, con la costituzione delle prime Camere del lavoro, e gli anni Dieci del ‘900, con la nascita della CGdL (pp. 69-107); sulle componenti anche culturali e subculturali che determinano la diverse storie elettorali e politiche di regioni ad analogo insediamento di combattive organizzazioni sindacali (casi di Monza e di Como, pp. 107-180); sugli aspetti di concreta storia organizzativa e di fase dei rapporti di forza sociali che hanno influenzato la storia delle relazioni fra Sindacalisti rivoluzionari e CGdL e la scelta, da parte di cattolici e socialisti, di promuovere leghe e, in alcune città, anche organizzazioni orizzontali separate, dando conto anche di isolati tentativi in senso contrario. Ma si segnala anche per l’originalità interpretativa, sempre sostanziata con estrema ricchezza di dati e fonti, su due questioni fondamentali: il rapporto fra organizzazioni di mestiere “corporative” e organizzazioni generali; la questione dell’origine delle Commissioni Interne, della loro vocazione e ruolo nell’individuazione degli obiettivi e nella contrattazione, della presenza o esclusione dei non organizzati fra gli elettori e gli eletti. In ognuna di queste questioni, Antonioli corregge e critica l’interpretazione finalistico-progressiva (dal mestiere corporativo alla coscienza di classe) delle vicende sindacali senza per questo volere polemicamente “épater l’historien” (pp. 7-8).
Aderendo alla storia delle organizzazioni nelle singole aree e nei singoli periodi ci si accorge infatti che la formula “sindacato d’industria”, costruito a partire dall’esperienza concreta ed elementare (che può anche essere un’esperienza di mestiere) indica pratiche ben diverse se negli stessi anni fra il 1920 e il ’22 ne parla Rinaldo Rigola o un articolista del “Sindacato Rosso” (pp. 39-42). Che la scelta di ampia ed inclusiva confederalità può essere suggerita da circostanze molto diverse a seconda delle categorie (come è il caso della FIOM e della FIOT). Che la storia delle Commissioni Interne va ricostruita “a distanza ravvicinata” e soprattutto tenuta distinta, ancora una volta, dall’intenzione di leggerla solo in contrapposizione ai consigli di fabbrica, dei quali avevano invece anticipato molte caratteristiche, innanzitutto quella di avere portato l’organizzazione sindacale e parte dei suoi poteri nel luogo fisico della fabbrica. Antonioli studia le rappresentanze operaie e le loro pratiche non ignorando raffronti internazionali e tipologie ma evitando il confronto con la modellistica sociologica intorno alle relazioni industriali “razionali” spesso presenti in molte recenti ricerche sugli stessi argomenti. La sua lunga fedeltà a questi oggetti di studio ha implicazioni interpretative che l’autore però lascia implicite consentendo al lettore di orientarsi liberamente in mezzo al brulichio di queste storie che sono anche storie di vite in movimento.

Maria Grazia Meriggi