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Mediare la modernità. Fascismo, guerra e democrazia in Sardegna attraverso il Fondo Francesco Spanu Satta

Raffaella Lucia Carboni
Roma, Carocci, 111 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2015

Nell’ambito di una più generale riflessione sull’importanza degli archivi privati, il
volume di Carboni, dottore di ricerca in Scienze dei sistemi culturali nell’Università di
Sassari e archivista, analizza il ricco e variegato patrimonio documentale del fondo del
giornalista sassarese Francesco Spanu Satta (1912-1974).
Il volume si articola in quattro capitoli strutturati secondo la forma tipica dei lavori
archivistici. Il primo capitolo presenta un’accurata descrizione archivistica del fondo privato,
con una dettagliata relazione contenutistica, dalla quale emerge la fitta rete di conoscenze
di un curioso e colto osservatore formatosi nei circoli culturali cattolici di Sassari.
Il secondo capitolo offre una ricostruzione storica del soggetto produttore che parte dagli
anni della formazione e dall’avvio dell’impegno pubblicistico che, negli anni ’40 e ’50 del
XX secolo, si sarebbe caratterizzato per una intensa produzione giornalistica, che fece di
Spanu Satta «un intellettuale fra isola e mondo» (p. 47).
Particolare attenzione negli anni della seconda guerra mondiale è dedicata alla collaborazione
di Francesco Spanu Satta con lo Psycological Warfare Branch (Pwb), l’ufficio
anglo-statunitense istituito per condurre una guerra psicologica contro i tedeschi e che,
a guerra conclusa, aveva avuto il compito di monitorare la stampa e la propaganda nei
paesi occupati. Inquadrato come ufficiale nel Pwb, il giornalista sassarese svolse «un vero
e proprio lavoro di mediazione fra gli alleati e i sentimenti, le esigenze anche minute e le
visioni, sia materiali che politiche e culturali, espresse dall’opinione pubblica» (p. 78).
Dalla ricerca dell’a. emergono alcuni limiti che, se opportunamente affrontati,
avrebbero reso il lavoro più completo. Sorprende, infatti, il peso eccessivo a volte attribuito
alla figura di Spanu Satta e al suo «contributo alla costruzione della democrazia e
dell’autonomia» (p. 79), a cui è dedicato il quarto capitolo; soprattutto perché i documenti
consultati e presenti nel fondo non sembrano spesso essere così convincenti nel
ritrarre Spanu Satta come un personaggio di primo piano nella Sardegna del secondo
dopoguerra, tanto più che il giornalista sassarese era visto con sospetto per il passato ruolo
di «intellettuale organico al fascismo» (p. 51). è proprio questa militanza, unitamente alle
successive e diverse esperienze politiche – fascista, azionista, sardista, democristiano, come
gli era stato rinfacciato dal sardista Bartolomeo Sotgiu – a renderlo una figura controversa
nel panorama politico isolano.
Complessivamente il volume si presenta ben scritto ed esprime giudizi equilibrati
sul soggetto produttore, anche se spesso tali giudizi sono volutamente sospesi perché la
lacunosità del fondo archivistico non ha consentito all’a. di fornire risposte certe e chiare,
che sarebbero potute emergere attraverso una comparazione con altre fonti documentarie.
Un’analisi incrociata avrebbe inoltre potuto permettere all’a. di delineare con maggiore
limpidezza alcuni momenti importanti della biografia di Spanu Satta.

 Luca Lecis