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Michela Turno – Il malo esempio. Donne scostumate e prostituzione nella Firenze dell’Ottocento – 2003

Michela Turno
Firenze, Giunti, pp. 256, euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2003

Nato da una tesi di laurea presentata all’XI edizione del Premio Franca Pieroni Bortolotti, il bel libro di Michela Turno studia il passaggio dalle concezioni giuridiche vigenti nel Granducato di Toscana alla nuova impostazione dello Stato unitario in tema di prostituzione e di comportamenti illeciti, e ne misura la natura, le ragioni e gli effetti. Sorretto da carte inedite, da un ampio scavo d’archivio e da un’ ottima bibliografia, Il malo esempio inaugura una nuova collana edita da Giunti e racconta storie di donne e storie di corpi, di potere e di sessualità.
Nel primo capitolo ci vien detto di norme e di pruderie, di codici, regolamenti, consuetudini, e la norma e i suoi silenzi sono intrecciati all’agire concreto delle donne. Nella Toscana della Restaurazione non esisteva una normativa uniforme sulla prostituzione ma una serie di provvedimenti ad hoc decisi a carattere locale, e la tutela della malizia femminile era demandata ad una fitta rete di istituti destinati alle donne, conservatori, rifugi, asili e alla loro doppia anima assistenziale e correttiva. L’eredità leopoldina ? e con lei l’incapacità di rinunciare al tradizionale paternalismo granducale ? disegnano un regime di sonnacchiosa indifferenza nei confronti dei comportamenti illeciti femminili che prosegue all’incirca sino agli anni ’50 del secolo. È allora che l’atmosfera di severa ma tollerabile convivenza tra donne e istituzioni comincia ad intorbidirsi e che si notano i primi segni di rottura, sino all’emanazione nel 1855 delle Istruzioni sulla tolleranza delle pubbliche prostitute. Ma siamo ancora lontani dai toni e dagli obiettivi che nel 1860 si porrà il Regolamento Cavour, come dalle sue parole d’ordine (sorvegliare, disciplinare, ghettizzare). La sua intrusione è argomento del secondo capitolo, e l’intelligente analisi che ne fa l’autrice è scenario alle nuove storie che racconta. Nella Toscana di primo ?800 definire una donna concubina, pericolata o libertina significava riferirsi a figure molto diverse tra loro, spiega, ben distinte dalla prostituta che aveva una sua identità e un peso ancora marginale nell’immaginario collettivo. Inserito nel peculiare contesto toscano, il regime regolamentarista cancella in un sol colpo distinzioni e antiche tolleranze, segnando la fine di quel tacito patto tra donne e Stato che nell’antico regime aveva guidato le politiche granducali: le strade di Firenze si popolano allora di voraci corpi di donne, appiattite in un unico e temibilissimo universo femminile da indagare, normare e negare secondo una strategia ?assieme legittimante ed escludente ? del tutto funzionale all’organizzazione del regime borghese eterosessuale? (p. 28).
Rifiutandosi di farne un fenomeno privo di storicità, ma anche di declinarlo solo al femminile, nel terzo capitolo del libro l’autrice ci presenta altri attori: le ombre sfuggenti dei clienti, anzitutto, poi lenoni, affittacamere, militari e medici. E il corpo femminile, l’oggetto conteso, ?il campo di battaglia?, com’ è definito nell’ultimo capitolo ? violato, piegato, medicalizzato o fotografato ? torna a dissolversi frantumato in mille sguardi.

Simona Trombetta