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Mirella Larizza Lolli (a cura di) – Ideologie del 1848 e mutamento sociale, Fondazione Luigi Firpo, Centro di Studi sul Pensiero Politico, Atti del Convegno Internazionale del 20 marzo 1998 – 1999

Mirella Larizza Lolli (a cura di)
Leo S. Olschki, Firenze

Anno di pubblicazione: 1999

La chiave di lettura dei contributi all’assise torinese è individuata, dalla rimpianta curatrice del volume, nella “percezione” che le ideologie ebbero dello straordinario movimento in atto nell’Europa del 1848 e dei problemi che ne costituivano lo sfondo: la modernizzazione, lo sviluppo industriale, la scienza e la gestazione dello Stato costituzionale di diritto. Gli uomini del 1848 compresero poco dei processi della trasformazione e furono – secondo la Larizza – i protagonisti di una transizione incompiuta. A tale chiave interpretativa aderiscono solo alcuni degli intervenuti, Della Peruta o Caron, ma non altri, come Agulhon o Grandjonc. Al centro dell’analisi si pongono i grandi temi delle culture politiche europee, dal cattolicesimo sociale al pacifismo, dal mazzinianesimo all’europeismo e al socialismo. Lo spartiacque geografico tra est ed ovest d’Europa segna anche una differenza profonda tra i movimenti rivolti contro l’antico regime e le prime contestazioni dell’insediamento delle borghesie al potere.
Agulhon è lo storico che per primo, anni fa, ha dimostrato come la II Repubblica francese fosse una miscela dei due tipi di movimento e la sua esperienza istituzionale un caso anfibio di arcaismi e innovazioni – il suffragio universale, o la funzione civica del sistema scolastico pubblico – che avrebbe anticipato alcuni caratteri del ben più longevo sistema democratico parlamentare della III Repubblica. Della Peruta ripropone un’immagine anfibia del progetto mazziniano, tra l’idea straordinaria di un modello nuovo di associazione politica e l’incapacità di superare i limiti della visione saintsimoniana della società – e dunque di capire la questione contadina in Italia. Verucci disegna limpidamente i settori decisivi del movimento cattolico – intransigenti, cattolici sociali e socialcristiani – e ne rinvia le matrici ideologiche ad un codice culturale comune, connotato dall’avversione al sistema industriale “all’inglese”, all’individualismo scaturito dai principi del 1789 ma anche all’intervento statale. Nessuno sviluppa però il problema centrale per la comprensione di quelle che Bénichou ha battezzato come le “dottrine romantiche”, non solo il neocattolicesimo, ma anche il saint-simonismo, il positivismo e la fede umanitaria: la preoccupazione per la coesione e l’ordine della società e la questione della società furono centrali nella riflessione culturale e politica. Molte forme dell’autoritarismo contemporaneo nacquero in relazione a tale reazione intellettuale – nell’accezione di Hirschmann – all’Illuminismo e all’Ottantanove, e non – come aveva pensato invece Furet – in relazione alla “democrazia totalitaria” di ascendenza giacobina.

Michele Battini