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Monica Galfré – Una riforma alla prova. La scuola media di Gentile e il fascismo – 2000

Monica Galfré
Franco Angeli, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

La storia della scuola in Italia non gode di buona salute. Il carattere anemico di molte discussioni pedagogiche, nel cui ambito è tradizionalmente confinata; la renitenza archivistica dei suoi cultori e, al contrario, la ridondanza del riferimento politico gli hanno conferito a volte un tono marcatamente ideologico, più spesso un’andatura sciatta, un tratto incolore e asfittico. Tanto più, dunque, la ricerca della Galfré si fa notare: per ricchezza documentaria e sforzo analitico, per il terreno sul quale disloca l’indagine. L’attuazione della riforma della scuola media nella seconda metà degli anni venti, in una prospettiva che assume il rapporto tra locale e nazionale come chiave di lettura privilegiata. Questo il tema del libro. Mettendo a frutto la lezione di Marino Raicich, che già negli anni ottanta aveva segnalato la rilevanza documentaria dei fascicoli personali di docenti e presidi, l’autrice punta lo sguardo sulla pluralità di attori messi in gioco dal processo della riforma: il ministero, gli enti locali, il fascismo in periferia, i professori e i presidi, gli studenti e le loro famiglie. Ne deriva una storia dell’istruzione secondaria ricondotta alla disparità delle condizioni locali e alla disomogeneità del quadro geografico. È una traccia molto interessante e che tuttavia l’autrice smarrisce più di una volta. Fatalmente attratta dalla sirena del discorso politico alla quale pure non si sottrae e che, per la verità, elude e semplifica la complessità del rapporto tra amministrazione e insegnanti nel quadro della dittatura. È il caso del giuramento dei professori. Nel richiamo, che la formula prevede, alla “dignità dell’impiego” e all’incompatibilità tra servizio e appartenenza ad “associazioni e partiti” inconciliabili con i “doveri dell’ufficio”, l’autrice riconosce una modalità specifica di controllo politico e irregimentazione del corpo insegnante. Il centro polemico dell’argomentazione è il rapporto tra riforma della scuola e fascismo e, ancora una volta, la posizione di Gentile di fronte alla dittatura. La sensazione, leggendo il libro, è che la rilevanza annessa a questo problema lasci ai margini proprio la figura dell’insegnante. Conformismo politico e subalternità amministrativa sono un tratto costitutivo della sua storia nell’Italia unita. Da questo punto di vista il fascismo non sembra produrre una forte discontinuità rispetto al quadro dell’età liberale. Il problema piuttosto è indagare le forme concrete della costruzione sociale dell’insegnante secondario tra anni venti e trenta. Il rapporto complesso che si instaura tra il prestigio della tradizione culturale e la rilevanza inedita che assumono i canali della mediazione politica e sindacale. Da un lato, i quadri culturali tradizionali all’interno dei quali, sostanzialmente, perdurano formazione e selezione del corpo; dall’altro, la modificazione, che il fascismo produce, delle forme dell’esperienza individuale. È un rapporto importante perché, accanto alla tradizionale separatezza di cultura e politica, produce forme di accomodamento e di compromesso di cui pure si nutre la storia dei singoli e che restano tutte da scandagliare.

Adolfo Scotto di Luzio