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Mussolini contro Lenin

Emilio Gentile
Bari-Roma, Laterza, 262 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2017

Questo libro abbozza un parallelo tra i due leader delle rivoluzioni antiliberali figlie
della Grande guerra. Ce li mostra quand’erano agli esordi, esponenti di un qualche
socialismo rivoluzionario, chiedendosi se sia vero che si incontrarono personalmente in
Svizzera nel 1904 («forse a Ginevra in una birreria», p. 3). Mette a confronto le loro interpretazioni
eterodosse del marxismo. Mostra come le loro strade si siano divise appunto
con la guerra e nella valutazione delle prospettive aperte dalla guerra.
Ragionando sulla crisi russa del 1917, Mussolini spera in Kerenskij e comincia a individuare
il disfattismo bolscevico come il nemico, ne denuncia le connessioni con i tedeschi.
Dopo la sua vittoria dell’ottobre, ne pronostica la prossima rovina. In un intervento
del 1919, lo indica come il frutto di un complotto ebraico contro lo Stato russo, forse più
in generale contro gli Stati nazione europei (pp. 167-169), anche se poi disinvoltamente
nega di avere avuto un intento antisemita. Unifica nella sua critica i due contrapposti
ideologismi, quello di Wilson e quello di Lenin. E l’Italia? Ammonisce il proletariato a
non farsi corrompere dalla barbarie orientale che rischia di intossicarlo vanificando la vittoria.
Lui e tutto il nazional-fascismo nascente assumono il bolscevismo come l’artefice di
un catastrofico esperimento superideologico da cui la nazione deve essere salvaguardata.
Gentile dedica parecchie pagine alla descrizione delle tappe attraverso cui la stampa del
fascismo e personalmente il suo duce usano il supernemico come modello di autolegittimazione.
Però ci mostra anche un fascismo pur sempre intrigato dalla figura del suo
antagonista. Arriva un momento in cui Lenin (soprattutto nel momento della sua morte)
viene raffigurato come il grande realista che ha saputo mettere da parte gli ideologismi
per costruire uno Stato nuovo intorno alla triade burocrazia-esercito-polizia. Un modello
di Stato autoritario.
Certo in questo momento la cultura democratica europea non ha ancora sviluppato
a fondo la riflessione sul parallelismo tra le due soluzioni alla crisi postbellica. Gentile
cita pagine significative di Sturzo e di Laski. Cita anche Gramsci, un testo del 1924 che
mi è sembrata piuttosto significativo, per il modo in cui ritorna sulla connessione tra il
Mussolini socialista e il Mussolini fascista (p. 237-238).
Il lettore avrebbe forse gradito almeno un riferimento alla fase successiva, per capire
se e quanto il comunismo regime (staliniano) abbia funto da modello o da antimodello
per il fascismo regime, ovvero per la piena fascistizzazione dello Stato, per il «completamento
» della propria rivoluzione. Nei limiti che l’a. si è proposto, comunque, l’excursus
è interessante, il testo ben scritto.

Salvatore Lupo