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Mussolini e la storia. Dal socialismo al fascismo

Paola S. Salvatori
Roma, Viella, 221 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2016

Di recente ha destato nuovo interesse lo studio della figura di Mussolini negli anni
precedenti la fondazione dei Fasci di combattimento. Il libro si inserisce in questa attenzione,
concentrandosi su un aspetto inedito: il rapporto del futuro duce con la storia nei
suoi anni giovanili.
L’a. si sofferma sull’interpretazione offerta da Mussolini attorno a quattro temi: la
Roma antica, la Rivoluzione francese, il Risorgimento e l’esperienza della prima guerra
mondiale. L’a. sottolinea come il precoce uso politico della storia offra una chiave di
analisi della parabola ideologica di Mussolini, che vede tra 1914 e 1915 il delinearsi di
una svolta dal socialismo alla destra nazionalista. In tal senso, con la fine del 1914 la
Roma antica, da antimito e archetipo del male, diventa un modello su cui sagomare la
propria politica, un faro della civiltà, mentre la Rivoluzione francese, modello di rivoluzione
popolare, viene soppiantata dal recupero della figura di Napoleone. Il mutamento
del giudizio mussoliniano viene rintracciato anche nell’interpretazione del Risorgimento,
riletto positivamente nel contesto irredentista. Un percorso che culmina con la prima
guerra mondiale, durante la quale il presente diventa storia e si realizza con il fascismo
una fusione dei tempi storici.
Pur nell’indubbio interesse e originalità di queste pagine, emergono alcune questioni
non del tutto convincenti. In primo luogo l’insistenza sul concetto di uso politico
della storia rischia di apparire unidimensionale. Insistere sulla tendenza a usare il passato
per finalità strumentali sembra inserire l’azione e il pensiero mussoliniani in una logica
meramente propagandistica che, soprattutto a seguito della svolta storiografica operata
da Mosse, risulta incompleta perché ridimensiona la centralità del mito nella politica
di massa. In secondo luogo, pare un po’ forzata la tesi di un forte influsso di Corradini
sull’evoluzione dell’ideologia di Mussolini, il quale a lungo riservò commenti sprezzanti
verso l’imperialismo nazionalista, che contribuirono al persistere di difficili rapporti tra
nazionalisti e fascisti. Un aspetto questo che suscita qualche perplessità non tanto rispetto
alla svolta ideologica di Mussolini, quanto sulla sua definitiva virata a destra. Essa risulta
infatti non del tutto ascrivibile a una netta dicotomia tra destra e sinistra, come riscontrabile
nelle origini del fascismo e come emerge dal contesto internazionale caratterizzato da
una diffusa percezione della non inconciliabilità tra nazionalismo e socialismo.
Alla luce di ciò, appare eccessiva sia la tesi che vede nel ricorso alla storia la dimostrazione
della necessità teleologica del fascismo, non fosse altro perché quest’ultimo, più che
erede di una tradizione, si presentava come un movimento nuovo, rivoluzionario, forgiato
dalle trincee; sia la tesi complessiva di una visione teleologica della storia rimasta invariata
in Mussolini dagli anni giovanili. Una linea di continuità che rischia di non mettere in
luce le diverse fasi della vita politica del futuro duce e che sembra rivelare una tendenza
dell’a. a leggere il passato conoscendo già il futuro.

Donatello Aramini