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Mussolini’s Children. Race and Elementary Education in Fascist Italy

Eden K. McLean
Lincoln, Ne, University of Nebraska Press, 348 pp., $ 55,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume affronta il tema dell’educazione elaborata e impartita dal regime fasci- sta all’infanzia di età corrispondente alla scuola elementare. Il focus principale è posto sull’ideologia della «razza», intesa come un corpus utilizzato dal regime per costruire l’ita- liano nuovo, per rafforzare l’identità nazionale, per sostenere i progetti espansionisti. Per l’a. tale fase di costruzione inizia fin dalla presa del potere del fascismo, e viene decli- nata negli anni ’20 soprattutto come impegno verso il risveglio dello spirito nazionale, attraverso la sottolineatura costante del patriottismo e una crescente mobilitazione per il rafforzamento fisico dell’infanzia mediante il potenziamento dell’educazione fisica e premilitare. Tale processo si intensifica nella prima metà degli anni ’30, in parallelo con la fascistizzazione della scuola e della società, mentre è in corrispondenza dell’invasione dell’Etiopia che tale progetto diviene esplicitamente «imperiale», come recita la circolare di Bottai inviata nel mese di novembre 1936 a tutte le scuole. È da questo momento che l’azione della scuola e delle organizzazioni giovanili fasciste si carica dei dispositivi educa- tivi volti alla stigmatizzazione dei sudditi coloniali dapprima, quindi degli ebrei, condu- cendo l’infanzia italiana a vedersi sempre più come parte di una comunità di «razza» in contrapposizione e in conflitto con le altre comunità «razziali».
La studiosa prende in rassegna un ampio corpus di fonti, dalle riviste per docenti ai libri di testo unici introdotti dal fascismo negli anni ’30, da numerose pubblicazioni firmate dai pedagogisti del regime a documenti tratti da diversi archivi nazionali.
La ricerca ha il merito di porre lo sguardo sui processi di auto-razzizzazione, cioè sulla costruzione della propria identità «razziale» operata della comunità dominante, di- mensione che spesso viene trascurata negli studi per concentrare l’attenzione sul versante discriminatorio e persecutorio, cioè sulla razzizzazione dell’Altro. È in questo ambito di costruzione dell’identità (e in parte anche della «razza» italiana) che la ricerca segna i ri- sultati più interessanti, connettendo gli aspetti di militarismo, disciplinamento, culto del corpo e sguardo eugenetico sulle giovani generazioni che il regime proiettò sulla gestione dell’infanzia a scuola e nelle organizzazioni giovanili.
Suscita però qualche dubbio l’affermazione di una sostanziale identità del concetto di «razzismo» con quello di nazionalismo che emerge soprattutto dall’analisi condotta sul primo decennio fascista. L’idea che il patriottismo dell’epoca abbia in sé elementi di irri- gidimento «razziale» non significa che i due termini siano sovrapponibili. Identificare le due categorie – come pare di capire in molti passaggi – rischia di diventare una scorciatoia rispetto al compito più complesso, ma più produttivo, di analizzare la dialettica tra i due termini, senza cancellarne le differenze.

Gianluca Gabrielli