Cerca

Napoli 1848. Il movimento radicale e la rivoluzione

Viviana Mellone
Milano, FrancoAngeli, 301 pp., € 40,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il 1848 napoletano in presa diretta, ma con un una marcia di avvicinamento lunga
e densa, è il protagonista di questo libro che si inserisce in un aggiornato e robusto solco
storiografico, adottando decise scelte metodologiche. Prima tra tutte, quella di calare la
sonda all’interno del nucleo radicale dagli attivisti del Quarantotto a Napoli, quel gruppo
calabrese che l’a. segue dai primi anni ’30, ricostruendone background e contaminazioni
culturali tra carbonarismo, romanticismo, nazionalismo albanese secondo una specifica
genealogia patriottica e «tradizione rivoluzionaria» (p. 55), per poi vederlo all’opera nella
street politics come una vera e propria avanguardia. Sulla base di una ricca messe di fonti
primarie (carte di polizia in primis), di giornali e opuscoli che danno voce all’effervescente
dibattito dei primi mesi del 1848, si riesce così a entrare – anche da angolature inconsuete
– nella sociabilità di strada, incentrata in via Toledo, e di piazza dove si confrontano,
per riprendere il titolo di uno dei periodici più rappresentativi di quel clima, il «mondo
vecchio» e il «mondo nuovo». I temi del dibattito pubblico enucleati e sezionati nel capitolo
secondo (la questione siciliana, la legge elettorale, le riforme istituzionali) aiutano
a comprendere le dinamiche di mediazione e di conflitto sulle quali si giocano le singole
giornate periodizzanti che, a loro volta, preparano il terreno per quella che sarà la giornata
del 15 maggio.
Attori e discorsi dell’avanguardia radicale vengono restituiti da questa ricerca nella
loro complessità, quasi una «stratificazione geologica» di leitmotiv tra i quali Mellone
enuclea il tema dell’attacco alla corruzione nell’amministrazione borbonica come il grimaldello
per il cambiamento politico: in questo senso, pare riuscita la rilettura di testi
classici come la Protesta del Popolo delle Due Sicilie scritta da Luigi Settembrini nell’estate
del 1847 e messa subito in circolazione (p. 60 ss.). Temi quali la guerra fratricida coi siciliani,
l’epurazione del personale amministrativo, gli abusi della gendarmeria scandiscono
infatti l’escalation di febbraio-marzo nella sua dialettica tra centro e periferie del Regno:
l’emergere di uomini nuovi e la trasformazione del conflitto da scontro tra fazioni a vero
e proprio moto politico sono persuasivamente descritti come il lievito specifico del teatro
meridionale del Quarantotto europeo, nel quale comuni ad altri teatri rivoluzionari risaltano
la centralità dell’occupazione dello spazio pubblico e l’immaginario della «comunità
rivoluzionaria» che si legittima e si sostanzia nella capitale (p. 136 ss.).
Interessante infine la scelta di chiudere il libro con una rilettura della giornata del
15 maggio che superi il paradigma della rivoluzione radicale «mancata». Rivalorizzando
la sua fase genetica, «prepolitica», la ricerca restituisce una maggiore connotazione quantitativa
e qualitativa del Quarantotto partenopeo, sia sotto il profilo della partecipazione
popolare che della leadership radicale giunta qui, nel confronto con la piazza, alla prova
della propria consistenza identitaria

Arianna Arisi Rota