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Napoli nel racconto della politica, 1945-1997

Luigi Musella
Carocci, 236 pp., € 23,00

Anno di pubblicazione: 2016

La storia politico-amministrativa napoletana del secondo dopoguerra non ha beneficiato fino ad ora di un interesse costante da parte degli studiosi. A fiammate di attenzione e dibattito corrispondenti a periodi di particolare mutamento della città e del paese sono corrisposti periodi di oblio e di «narrazioni» piuttosto scontate imperniate su troppo facili nozioni di «arretratezze» o «rinascimenti».
Luigi Musella, negli ultimi decenni, è stato lo storico che con più costanza metodologica e paziente lavoro di scavo ha tentato di ricostruire le fasi della storia politica di Napoli dall’unità d’Italia ai giorni nostri nella loro complessa interezza, assegnando all’interno di esse la dovuta importanza al rapporto tra vita amministrativa, dialettica partitica e ideologica, organizzazione dei partiti, evoluzione della classe politica. Ed è stato sicuramente quello che ha compiuto un più attento lavoro di ricerca delle fonti, anche attraverso l’analisi della memorialistica, la testimonianza orale, l’acquisizione di documenti personali e familiari.
Questo volume si concentra proprio su una specifica fonte documentaria: la stampa quotidiana. Esso tratta alcuni momenti e figure centrali della dialettica politica napoletana in epoca repubblicana attraverso i resoconti dei giornali coevi: l’epoca di Lauro, quella della maggioranza di centro-sinistra e dell’egemonia di Gava, quella della prima giunta di sinistra (di minoranza) guidata da Maurizio Valenzi e infine quella dominata dalla figura di Antonio Bassolino.
Questa particolare lente offre l’occasione per un significativo passo avanti nella riflessione sul rapporto tra politica, cultura, società nell’ultimo settantennio della storia della città, in quanto i giornali quotidiani non appaiono, nella rassegna proposta, come un veicolo di informazioni neutro o interscambiabile con altri. Essi avevano da tempo conquistato, infatti, un ruolo particolarmente centrale nell’interesse di ampi strati del popolo napoletano, sicché in epoca repubblicana contribuiscono ancora in misura rilevante a modellare sugli schemi da loro proposti le forme, il linguaggio, i protagonisti del dibattito politico.
L’ipotesi più interessante è che proprio la particolare centralità assunta a Napoli dal «racconto» della politica attraverso i quotidiani, e il loro stile narrativo «popolaresco», abbiano esercitato un forte influsso su fenomeni che a Napoli è possibile osservare in forma molto più evidente e precoce che nel resto del paese: la predominanza di una dialettica politica fondata su figure individuali di leader piuttosto che sul confronto tra ideologie o partiti, e la tendenza a una polarizzazione particolarmente radicale dell’opinione pubblica e del discorso pubblico. Polarizzazione che, a sua volta, incoraggia la tendenza delle leadership personali a seguire una parabola molto accentuata dalla rapida ascesa alla fase della loro massima popolarità – che le eleva a veri e propri miti e a oggetti quasi di affetto personale e familiare – fino a quella della loro caduta, che in alcuni casi appare come una vera e propria demonizzazione.

Eugenio Capozzi