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Nazionalismo italiano, nazionalismo francese. Gabriele D’Annunzio e Roberto Forges Davanzati, Prefazione di Giuseppe Parlato

Filippo Sallusto
Roma, Aracne, 350 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume di Filippo Sallusto, studioso specializzato nell’edizione di carteggi dannunziani,
apporta nuove basi documentarie al classico giudizio storiografico, risalente alla Storia
d’Italia dal 1871 al 1915 di Benedetto Croce, che identifica in Gabriele D’Annunzio il «padre
spirituale» del nazionalismo italiano. Attraverso due distinti livelli di analisi contribuisce
a rimetterlo a fuoco: la comparazione con il nazionalismo francese estrapolata dalla corrispondenza
con Maurice Barrès (in buona parte già edita, ma dall’a. riproposta e arricchita);
la collaborazione sviluppatasi nel primo dopoguerra sulla questione fiumana con un dirigente
dell’Associazione nazionalista italiana (e, per lunghi tratti, direttore del foglio «L’Idea
Nazionale») come Roberto Forges Davanzati, di cui viene pubblicato l’inedito epistolario
con D’Annunzio versato dagli eredi presso l’Archivio del Vittoriale.
La storia delle origini culturali del nazionalismo giustifica il parallelismo fra D’Annunzio
e Barrès: già introdotto dallo stesso Croce, in polemica contro il loro «lussurioso
e sadico» (p. 10) retroterra letterario, esso rivela il comune passaggio dal culte du Moi
estetizzante, egoarchico e superomista, al mito di una collettività superiore (la nazione,
appunto) plasmata dalle «aristocrazie dello spirito» (p. 110).
Il ruolo di D’Annunzio nell’incubazione del «vario nazionalismo italiano» riemerge
da un’attenta ricapitolazione dei contributi forniti dalla sua opera poetica, ma anche
dei loro echi nella prima fioritura di stampa nazionalista, in cui l’a. rintraccia in modo
convincente la genesi letteraria di quella cultura politica. Di questo nuovo sentimento
nazionalista, che influì prima sull’intervento in Libia e poi su quello nella Grande
guerra, il «vate» divenne l’araldo e il suo protagonismo politico continuò a rivendicare
la missione di potenza marittima dell’Italia, che era stata da sempre al centro dei suoi
componimenti civili.
Il volume dimostra, tuttavia, l’irriducibilità del poeta al «vero nazionalismo» che
dal dicembre 1910 si era organizzato in movimento politico: ad esso estranea rimase,
ad esempio, la propaganda di guerra dannunziana in favore di un’alleanza culturale latina
basata sull’amicizia italo-francese, condivisa anche dal Barrès di Dix jours en Italie
(1916) e dai «dannunziani di Francia» Marcel Boulenger e Albert Londres. Il dannunzianesimo
nazionalista, semmai, nacque dall’eroismo bellico del «poeta armato» e passò
dalla letteratura alla politica con l’impresa di Fiume, che raccolse la piena adesione
dei dirigenti del nazionalismo ufficiale. Fra questi lo stesso Forges Davanzati, che per
primo, nell’agosto 1914, aveva denunciato la fine della Triplice Alleanza e sostenuto la
guerra all’Austria in nome degli interessi adriatici e balcanici dell’Italia. Il futuro giornalista
di regime esercitò una costante mediazione con la reggenza del «comandante», al
quale rimase legato da un rapporto amicale, oltre che epistolare, nato dalla difesa dell’italianità
di Fiume e dall’opposizione al trattato di Rapallo, ma destinato a sopravvivere
fino agli anni del fascismo.

Federico Mazzei