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Nicola De Ianni, Paolo Varvaro (a cura di) – Cesare Merzagora. Il presidente scomodo – 2004

Nicola De Ianni, Paolo Varvaro (a cura di)
Napoli, Prismi, pp. 464, euro 35,00

Anno di pubblicazione: 2004

Il volume fa seguito alla pubblicazione degli scritti giornalistici di Merzagora (Lo strano paese. Scritti giornalistici 1944-1986, a cura di Nicola De Ianni, Napoli, Prismi, 2001), presentando una serie di saggi che tentano di illustrare l’ampia parabola dell’attività, in campo economico e politico, dello stesso Merzagora, anche grazie all’utilizzazione della carte del suo archivio: si succedono così i contributi dello stesso De Ianni (Tra industria e finanza), di Franco Bonelli (L’esperienza alla Banca Commerciale Italiana), Donato Barbone (L’esperienza alla Pirelli), Elisa Boccia (Denaro per l’industria: l’EFI tra guerra e dopoguerra), Giandomenico Piluso (La gallina dalle uova di marmo: la Bastogi e le finanziarie italiane negli anni Sessanta), Gianpaolo Mastroianni (I fondi neri e la presidenza Montedison) e Paolo Varvaro (La politica al tempo di Merzagora). I saggi di più ampio respiro sono quelli di De Ianni e Varvaro. Ma mentre il primo ricorre spesso, per analizzare la figura di Merzagora (in modo non sempre convincente, con riferimento ad una personalità che fu alla testa di grandi gruppi come Pirelli, Generali, Montedison e, in campo politico, ministro, presidente del Senato dal 1953 al 1967 e senatore a vita) all’uso di categorie come ?battitore libero? e di ?presidente scomodo?, il secondo risulta più persuasivo nell’impostare la questione nei termini più generali dei rapporti tra economia e politica. Merzagora appare così come un uomo di potere, anche se ?impolitico?, poiché la provenienza dal mondo dell’impresa lo induceva a considerare la politica ?un importante ma infido strumento, che serviva soprattutto alla gestione dell’economia? (p. 350). Si spiegano così anche i ripetuti appelli alla costituzione di governi formati da tecnici, inevitabilmente destinati a trasformarsi nel rimpianto di una società (e di una borghesia) che non c’era, in un’epoca in cui i partiti apparivano (ed erano) gli insostituibili mediatori tra le istanze della politica e quelle dell’economia. Oppure a fallire, quando l’appello si trasformò (durante la crisi del luglio 1964 e su sollecitazione dello stesso presidente Segni) nel tentativo di costituire un governo d’emergenza o di ?salute pubblica?, senza considerare i rapporti di forza in campo, ma soprattutto riducendo la politica economica a problema di buon governo, nella sopravvalutazione del ruolo dell’esecutivo in un regime parlamentare. Sarà questo, nella ricostruzione di Varvaro, più che un ipotetico golpe, il vero timore dei partiti di sinistra durante quella crisi, anche perché, senza quasi rendersene conto, Merzagora finì quindi per essere ?l’esponente più rappresentativo di un raggruppamento di forze variegato e non sempre disinteressato? (p. 425), anche se gli va riconosciuta la capacità di aver intuito alcune degenerazioni del sistema dei partiti e, in definitiva, della vita pubblica italiana.

Giovanni Scirocco