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Nicola Labanca (a cura di) – Un nodo. Immagini e documenti sulla repressione coloniale italiana in Libia – 2002

Nicola Labanca (a cura di)
con scritti di S. Bernini, N. Labanca, A. Pasero, A. Tartaglia, Manduria-Bari-Ro

Anno di pubblicazione: 2002

Ancora un’opera che s’inserisce nel filone degli studi coloniali. Questo ulteriore lavoro curato da Nicola Labanca, che è anche autore di una significativa Introduzione, non è una semplice appendice memorialistica, ma rappresenta il tentativo di rileggere la storia coloniale ?dal basso?, attraverso gli occhi di Raffaele Tartaglia, di Altavilla Irpinia, che dal 1929 al 1931 si trovò a partecipare alle operazioni di repressione messe in atto dal regime fascista in Libia con rastrellamenti, violenze, impiccagioni. Come artigiano, gli venne affidata la messa a punto delle forche. Le immagini e le fotografie che Tartaglia ricevette dal fotografo e conservò in una cassetta, oltre a documentare visivamente gli effetti della repressione, mostrano l’animo di un soldato comune duramente segnato da quell’esperienza. Tale documentazione offre spunti per un approfondimento e un vaglio critico non solo sulla vicenda in sé. Labanca, infatti, colloca l’opera in un più complessivo bilancio storiografico sulla repressione italiana in Libia, rilevando la centralità del ?nodo? della memoria coloniale sia individuale che collettiva. Assumendo la categoria di ?uomini comuni?, sia pur con la sua problematicità sul piano storiografico, Labanca inserisce la vicenda di Tartaglia fra le esperienze di molti italiani che conobbero e vissero la realtà coloniale a diversi livelli e in periodi più o meno prolungati. E individua la necessità di ricerche che affrontino aspetti di storia politica, diplomatica, militare ed economica, cui aggiungere uno studio più sistematico sulla repressione coloniale italiana dal punto di vista della storia sociale sugli ?italiani d’Africa?, sinora ostacolata dalla frammentazione e dalla dispersione delle fonti documentarie. Antonietta Tartaglia, figlia di Raffaele e docente, offre un’intensa e coinvolgente testimonianza sulla composizione e la cultura familiari cui Raffaele era legato. Simone Bernini e Annalisa Pasero si concentrano, invece, sulla documentazione d’archivio con l’intento di ampliare la conoscenza del meccanismo della repressione in cui la vicenda è inserita. Basandosi sulle fonti coloniali italiane, Bernini mette in rilievo la continuità del meccanismo selettivo per il mantenimento dell’ordine coloniale, attuato tramite una varietà di strumenti istituzionali e militari, lasciando aperto il problema di quanto il momento politico avesse influito su quello culturale, ideologico e razziale. Attraverso le fonti britanniche, Pasero offre uno sguardo dall’esterno del colonialismo italiano, mostrando come la repressione italiana in Libia fosse seguita con attenzione ed apprensione estreme da Londra, che non nascondeva critiche al sistema militare italiano, ma neppure esitava ad apprezzare la pacificazione operata dal generale Graziani e annunciata da Badoglio nel gennaio del 1932.
Come ha sottolineato Labanca nelle sue conclusioni, il volume non ha la pretesa di sciogliere i nodi storiografici relativi al colonialismo italiano, ma contribuisce almeno a ricordarne l’esistenza e a ridurre, sia pur in parte assai minima, le lacune ancora presenti nel campo degli studi storico-coloniali.

Paolo Borruso