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Nicola Labanca, Luigi Tomassini (a cura di) – Forze armate e beni culturali. Distruggere, costruire, valorizzare – 2007

Nicola Labanca, Luigi Tomassini (a cura di)
Milano, Unicopli, 299 pp., Euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2007

Si tratta degli atti di un convegno, organizzato dal Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari insieme all’Università di Bologna, sede di Ravenna. Partecipano al volume studiosi di diritto, storici e militari impegnati in prima persona nell’opera di salvaguardia. Sarebbe stato utile aggiungere all’apparato le biografie degli aa. I saggi sono ordinati in tre sezioni: la distruzione, cioè l’azione di tutela di beni culturali in teatri di guerra; la costruzione, cioè i monumenti di guerra con particolare attenzione a quelli del Risorgimento e della Grande guerra; infine la valorizzazione, quanto hanno fatto e fanno le forze armate, dall’azione della Guardia di finanza, alla riorganizzazione degli archivi storici militari, alle tecniche del restauro.L’argomento trattato è relativamente poco esplorato. Il volume è inevitabilmente disorganico, con ben diciannove saggi, fra loro diseguali. Suo merito è di delimitare alcuni campi d’indagine, per i quali la collaborazione fra studiosi militari e civili si rivela fondamentale. Tra i saggi migliori quelli, a sfondo giuridico, di Edoardo Greppi e Francesco Francioni, che passano in rassegna l’evoluzione del diritto internazionale umanitario, dalle Convenzioni dell’Aja del 1907, all’attività dell’UNESCO, fino ai recenti deliberati dei Tribunali dell’Aja. Il patrimonio culturale non è più solo e tanto oggetto da tutelare con convenzioni e trattati, quanto un bene pubblico extra-territoriale, soggetto, quindi, di obblighi erga omnes, protetti dal diritto internazionale, la cui contravvenzione configura violazione di diritti umani, nei casi più gravi assimilabile al genocidio. Gianluca Fiocco mette a fuoco i problemi legati alla conservazione dei beni culturali in Italia durante le due guerre mondiali, evidenziando come il pericolo maggiore provenisse, già dal primo conflitto, dai bombardamenti aerei. Lo stesso tema è ripercorso, con qualche particolare in più sui servizi specializzati tedeschi e alleati, da Raffaella Biscioni, che procede a un’interessante analisi, corredata di elementi di tecnica e storia della fotografia, dell’uso dei materiali fotografici nella propaganda bellica. Il regime fascista, con l’Istituto Luce e i suoi giornali, si era posto all’avanguardia, presto superato dalla spregiudicatezza della propaganda nazista. Tutela e propaganda contro la barbarie del nemico andarono di pari passo e filmati e fotografie dovevano fare la loro parte: gli Alleati erano in grado, tuttavia, di fare meglio con le loro unità di operatori cinematografici, che avanzavano insieme alle truppe. Adolfo Mignemi traccia un agile schizzo delle occupazioni militari italiane, da quella dell’Etiopia iniziata nel 1935, a quella della Grecia. Testimonianze e atti ufficiali (in particolare da parte della Grecia) ci dicono che furono dense di razzie e di spoliazioni, perpetrate da singoli ufficiali e gerarchi. Non si dice niente, invece, delle eventuali strutture deputate alla tutela nei nostri eserciti di occupazione.

Ruggero Ranieri