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Nicola Simonelli – Agostino Novella e il PCI a Genova (1945-1947) – 2008

Nicola Simonelli
Genova, De Ferrari, 269 pp., euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2008

Più che un libro di storia, questo lavoro è un esplicito atto di devozione intellettuale nei confronti di Agostino Novella, un leader dimenticato della Cgil per il quale l’a. propone una sorta di risarcimento della memoria, in bilico ? per stessa ammissione di Simonelli ? tra approfondimento critico e partecipata agiografia (cfr. pp. 9-10). Nel farlo, celebra in Novella i caratteri dell’italiano rinnovato dalla battaglia antifascista e resistenziale: il cittadino e il politico equilibrato, severo in primo luogo con se stesso, ponderato e amante dello studio, cocciuto fino ad apparire un vero e proprio «mastino» (per usare l’efficace definizione che ne dava Giorgio Amendola, p. 100). Un uomo, ci ricorda ancora l’a., che a dispetto del suo rifiuto di ogni personalizzazione, fu tra i principali protagonisti di quella battaglia per liberare il paese (fondatore dei Gap e, addirittura, in qualche modo precursore della svolta togliattiana di Salerno, cfr. pp. 85 e 100).Insomma, come si esprime Simonelli ? che non difetta certo in sincerità a tal riguardo ?, questa biografia è fortemente condizionata da un alto grado di preventiva «ammirazione» (cfr. p. 126). Il che contribuisce ampiamente a spiegare sia i pregi che i difetti della sua ricerca: per un verso, infatti, essa rende effettivamente giustizia a una figura di grande interesse nella storia del movimento operaio italiano del XX secolo, trascinandolo fuori dal duplice cono d’ombra di Di Vittorio e di Luciano Lama. Nel farlo, tra l’altro, dà un significativo apporto all’indagine su quella complessa, contraddittoria, ma anche ricca comunità politica che fu il Pci: un partito capace di far convivere un Agostino Novella con un Giorgio Amendola, «due storie molto diverse, due differenti formazioni culturali» (p. 81), per usare degli eufemismi.Allo stesso tempo, però, il libro mi pare scontare degli evidenti limiti di metodo, a iniziare dalla lampante (e anche qui perfino dichiarata) adesione acritica a una certa «tradizione storica ufficiale» (p. 110) ? cioè aderente al canone interpretativo accettato dal Partito comunista ? che impedisce all’a. di far tesoro di alcune recenti acquisizioni della ricerca (in relazione alla svolta di Salerno, per esempio); senza contare qualche ingenuità interpretativa (mi riferisco, in particolare, ai grandi processi imbastiti in Urss nella seconda metà degli ’30 e alla coeva politica dei Fronti popolari), l’uso eccessivo e talvolta generico di digressioni (sullo stalinismo, sull’associazionismo operaio, sulla cultura positivista, sull’Ovra, ecc.), o all’inserimento di interi blocchi di citazioni che, oggettivamente, finiscono con l’assumere una funzione di invasiva supplenza del ragionamento dell’a. Luci e ombre, dunque; anche se, alla fine, sono le prime a prevalere, illuminando la vicenda di un dirigente chiamato a farsi carico della stagione sindacale più tribolata: dopo la sconfitta alla Fiat del 1955 e i terribili fatti internazionali dell’anno successivo. Da questo punto di vista, Agostino Novella ? come ebbe a dire il recentemente scomparso Vittorio Foa ? fu forse davvero «l’uomo giusto nei momenti difficili» (p. 166).

Giovanni Cerchia