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NO alla Grande Guerra 1915-1918

Ercole Ongaro
Città di Castello, I Libri di Emil, 303 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il volume affronta il tema dell’opposizione al primo conflitto mondiale in Italia. L’a.
evidenzia come l’intervento, lungi dal portare a compimento le istanze risorgimentali,
rispondesse a un disegno di carattere nazionalista, autoritario e antipopolare. Le radici
dell’opposizione alla guerra devono essere ricercate nella lotta antimilitarista che accompagnò
lo sviluppo del movimento socialista italiano. L’a. ne ripercorre le principali tappe
– la contestazione delle prime esperienze coloniali, la guerra di Libia, il «caso Masetti», la
propaganda contro il militarismo –, facendo riferimento all’intenso attivismo di uomini
e donne del movimento socialista e anarchico. Altresì viene messo in luce come, sin
dall’Unità, si fosse formato una sorta di «antimilitarismo popolare» che aveva le sue radici
non in ragioni ideologiche bensì in un «fondo istintivo di autoconservazione e di rispetto
della vita dell’altro» e che si esprimeva attraverso la renitenza e la diffidenza verso lo Stato
(p. 61).
Questi due filoni che contestavano la guerra e l’autorità dello Stato ebbero modo di
emergere nella crisi del 1914-1915. Se la trattazione del lacerante dibattito sull’intervento
non risulta innovativa, risolvendosi in una rassegna delle diverse posizioni e delle relazioni
dei prefetti già studiate da Vigezzi, l’a. delinea invece alcune interessanti biografie di poco
noti «precursori» dell’obiezione di coscienza che, per motivi ideali, etici e religiosi, rifiutarono
di imbracciare il fucile e subirono pesanti peripezie giudiziarie.
Dopo aver ricordato come la diffusa ostilità popolare al conflitto avesse indotto le
autorità all’instaurazione di un rigido regime repressivo, l’opposizione alla guerra viene
declinata, a volte in maniera un po’ schematica, soprattutto in chiave politica; dopo un
iniziale smarrimento, militanti e operai si riorganizzarono e i sentimenti di avversità alla
guerra, resi espliciti dalle proteste femminili, ripresero vigore soprattutto nella fase centrale
del conflitto, culminando con la rivolta di Torino nell’agosto del 1917. Richiamandosi
al quadro sullo spirito pubblico tracciato dalla storiografia, vengono esemplificate le
modalità dell’opposizione popolare attraverso la documentazione d’archivio della zona
lombarda; interessanti le pagine dedicate ai canti antipatriottici e ai segni di insofferenza
di cui si resero protagonisti giovani ragazzi, donne, operai; la lievità dei reati ascritti e la
capillare repressione delle autorità di pubblica sicurezza ribadisce il crescendo repressivo
contro i «nemici interni».
Nell’ultima parte viene tematizzata l’opposizione dei soldati (renitenza, diserzione,
fraternizzazioni, autolesionismo, follia, decimazioni, rivolte) e, sinteticamente, la cancellazione
dal discorso pubblico di coloro che dissero «no» alla guerra. Il volume, percorso
da un forte afflato etico, si configura come un utile compendio per chi volesse affrontare
per la prima volta queste tematiche; nondimeno, in tempi di riletture consensuali del
conflitto, l’a. valorizza una importante «altra storia» che, soprattutto nel caso italiano, non
può essere marginalizzata

 Matteo Ermacora