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Non solo piombo. Politica e cultura nella Milano degli anni Settanta

Irene Piazzoni (a cura di)
Milano-Udine, Mimesis, 230 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il volume, sin dal titolo, si propone di superare la cornice fin troppo schematica degli
«anni di piombo» come modello narrativo degli anni ’70 del ’900, per concentrarsi invece
sulle strategie politiche, economiche e culturali messe in atto in quel decennio a Milano
da una pluralità di attori, al fine di provare a dare risposte alle nuove domande sociali che
investivano in pieno le strutture e le istituzioni tradizionali della città borghese e operaia.
Una città, la Milano di allora, che avvertiva la propria crisi e che tratteggiava su di sé «un
quadro intriso di desolazione e rimpianto per il glorioso passato» (Irene Piazzoni, Introduzione.
«Non più e non ancora». Metamorfosi di una città, p. 9), ma che tuttavia sarebbe
riuscita a costruire una rinnovata identità urbana e un diverso ruolo nel panorama nazionale
e internazionale che la connota ancora oggi: la città del terziario avanzato, della moda
(Maria Canella, La rivoluzione Fiorucci, pp. 105-175), della pubblicità (Ambrogio Borsani,
La rivoluzione dei linguaggi pubblicitari, pp. 87-104), delle avanguardie culturali (Alberto
Bentoglio, Gli anni caldi dell’avanguardia: l’esperienza di Teatro Uomo, pp. 177-192), della
televisione commerciale (Irene Piazzoni, Il Big Bang della televisione privata, pp. 55-86).
In questo processo, l’amministrazione comunale ha rivestito un ruolo centrale, in particolare
con le giunte di centro-sinistra e poi (dal 1975) di sinistra guidate da Aldo
Aniasi e da Carlo Tognoli, esponenti di uno Psi che si preoccupa di programmare il
decentramento amministrativo, di gestire la transizione postindustriale e postfordista,
nonché di pianificare una nuova politica di marketing territoriale (Enrico Landoni,
La frontiera del cambiamento: politica e amministrazione da Aniasi a Tognoli,
pp. 29-53): in altre parole, di elaborare una strategia di adattamento «ai mutamenti
e agli imprevisti di varia natura» (p. 33) che hanno segnato Milano in quegli anni.
Il decennio rimarca la crisi della cultura elitaria e dei tradizionali cenacoli e salotti intellettuali
milanesi: anche da questo punto di vista, l’azione dell’amministrazione civica si connota sotto
il segno del decentramento e della partecipazione, con la cultura «alta» portata in periferia
e la cultura un tempo considerata «bassa» portata in centro, nei luoghi canonici delle esposizioni
meneghine, con i «grandi eventi» che fanno da traino per la ricostruzione di una immagine
culturale plurale e inclusiva di una città «a temperatura europea» (Francesca Misiano,
Per una metropoli a temperatura europea: le grandi mostre della giunta Tognoli, pp. 193-217).
Il volume conduce perciò a una necessaria riflessione, complessa e originale, sul «flusso»
(più che sul «riflusso») che dagli anni ’60, e dal Sessantotto in particolare, porta agli «edonistici
» anni ’80, quelli della cosiddetta «Milano da bere»: una riflessione che non può che
partire da uno studio sulle ricadute dei cambiamenti nelle città e nelle culture e subculture
urbane, in Italia come altrove.

Bruno Ziglioli