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Nuclear Italy. An International History of Italian Nuclear Policies during the Cold War

Elisabetta Bini, Igor Londero (eds.)
Trieste, Eut, 323 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2017

Nuclear Italy ricostruisce le complesse vicende del nucleare italiano. Il libro consta di quattro sezioni riguardanti rispettivamente gli usi civili del nucleare in Italia, le sue applicazioni militari, l’opinione pubblica e l’emergere di una «(contro)cultura» nucleare, il ruolo degli scienziati.
La prima sezione è aperta da un saggio di Elisabetta Bini che sottolinea l’importanza del contributo statunitense allo sviluppo del nucleare civile italiano. Bini evidenzia correttamente come il programma «Atoms for Peace» sia stato uno strumento utile non solo a disseminare competenze e conoscenze ma anche a consentire agli Stati Uniti di esercitare uno stretto controllo sulle risorse naturali dei propri alleati occidentali. Barbara Curli getta nuova luce sull’evoluzione della ricerca sulla fusione nucleare. Sebbene metta in risalto in maniera convincente l’importanza della leadership italiana per lo sviluppo di programmi europei sulla fusione nucleare, al saggio sfugge un riferimento a più ampi fora transnazionali dove simili discussioni avvenivano parallelamente alla ricerca (inter)governativa.
La seconda parte del volume è la più solida. Il contributo di Massimiliano Moretti è molto curato e arricchito da un’ampia ricerca documentale. Leopoldo Nuti evidenzia molto bene quale fosse la gerarchia delle priorità politiche e strategiche italiane. E il saggio di Matteo Gerlini non discute soltanto l’entità degli scambi transatlantici relativi ai metodi di produzione di materiale fissile, ma descrive anche le interazioni tra investimenti pubblici e privati che ne hanno sostenuto ricerca e sviluppo.
La terza parte, sul ruolo dell’opinione pubblica, delude le aspettative. Il capitolo di Laura Ciglioni offre una collocazione temporale piuttosto vaga dell’avvento di una cultura nucleare in Italia. Renato Moro sottostima la proliferazione di studi sulle interconnessioni tra mobilitazione sociale e armamenti nucleari e liquida con troppa fretta l’evoluzione dei primi movimenti antinucleari indipendenti e transazionali della guerra fredda. Ma la sua tesi secondo cui le radici della cosiddetta crisi dei partiti vadano ricercate nelle dinamiche che caratterizzavano la galassia di proteste antinucleari sorte nei primi anni ’80 è convincente.
L’ultima sezione descrive il ruolo svolto dalla ricerca scientifica nello sviluppo del nucleare italiano. Giovanni Paoloni dimostra come l’Italia sia stata per lungo tempo all’avanguardia in questo particolare settore. Lodovica Clavarino, pur ignorando quasi del tutto la ricca produzione di studi su singole figure scientifiche, ha il merito di connettere il lavoro dei ricercatori italiani alle proteste in favore del disarmo nel nostro paese. Carlo Patti sottolinea come la storia dell’evoluzione del nucleare italiano vada collocata in un contesto di negoziazioni, scambi e mediazioni di carattere genuinamente globale.
Il volume ha il merito di sottolineare le interazioni tra l’evoluzione del nucleare in Italia e gli sviluppi sistemici della guerra fredda, in linea con i contemporanei sviluppi della storiografia internazionale di riferimento

Dario Fazzi