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Nunzia Manicardi – Formìggini. L’editore ebreo che si suicidò per restare italiano – 2001

Nunzia Manicardi
Modena, Guaraldi, pp. 190, euro 15,50

Anno di pubblicazione: 2001

Al modenese Angelo Fortunato Formiggini (1878-1938), attivo come editore dal 1908 a Modena poi a Genova e a Roma, e infine suicida nel novembre del 1938 a seguito delle leggi razziali, è toccata una particolare fortuna postuma avviatasi oltre un ventennio fa con il riordino delle sue carte familiari ed editoriali conservate alla Biblioteca Estense. Due fenomeni hanno sommato in ciò i loro effetti: la diffusione proprio a partire da quegli anni degli studi di storia dell’editoria, e l’importanza che è venuta acquisendo nello stesso tempo la questione delle leggi razziali fasciste, e in generale della persecuzione e dello sterminio degli ebrei.
Il risultato è che Formiggini ha ricevuto un’attenzione quale diversi e più importanti editori stanno ancora aspettando. Basta ricordare gli annali editoriali (1980), gli atti del bel convegno modenese (1981), la monografia su Formiggini di Ernesto Milano (1987), quella di Gianfranco Tortorelli sulla sua maggiore creatura editoriale, la rivista ?L’Italia che scrive? (1996).
Insomma, se c’è un appunto da muovere a questo nuovo libro, opera di una studiosa e giornalista modenese, è il fatto di volersi riscoperta una figura su cui sarebbe calato il silenzio, quando l’informazione disponibile su Formiggini è viceversa più che buona e in ogni caso adeguata alle dimensioni del personaggio.
Poco male. Il libro della Manicardi non è un saggio storico ma, come dice esattamente la quarta di copertina, un romanzo-inchiesta che allo studioso di cose formigginiane porta ben poco essendo tributario di ricerche già note, e che come tale va apprezzato.
Segniamo allora a favore dell’autrice il punto d’avere non solo rivoltato carte ma anche incontrato e ascoltato persone, come appunto si conviene a un’inchiesta, raccogliendo in particolare le testimonianze dirette di Silvana Formiggini, di Alberta Levi, di Max Eckert sul caso Formiggini e sull’ebraismo modenese. Altro punto è d’avere, per così dire, messo in scena l’inchiesta visitando e descrivendo i luoghi. Le pagine sulla visita al cimitero ebraico di Modena alla ricerca dell’urna di Formiggini sono quelle in cui meglio emerge la disposizione sentimentale di base, ossia quella pietà delle cose scomparse e quella vertigine dinanzi alla rapina del tempo cui, frequentando non solo da dilettanti le contrade du temps jadis, è difficile non soggiacere. E tanto più quando l’indagine s’appunti su luoghi riconosciuti come propri.
Non per nulla il libro dispone le notizie, le riflessioni e (per la parte romanzata, la meno necessaria) le fantasie su Formiggini sopra un solido fondo di storia modenese; e non per nulla esso fa seguito a due volumi dedicati dall’autrice a Ferrari e ai Panini delle figurine.
Insomma, l’invito è a leggere questo libro meno come contributo alla bibliografia formigginiana che come tassello d’un Pantheon modenese, atto d’una fervida religione del luogo. Usa ridere dell’erudizione locale e il localismo ha oggi derive inquietanti e sinistre. A maggior ragione salutiamo con piacere questo libro di modenesità ben temperata.

Ugo Berti Arnoaldi