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Oltre le cifre. Il Mezzogiorno preunitario attraverso la finanza locale

Maria Rosaria Rescigno
Soveria Mannelli, Rubbettino, 184 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2017

Lo stesso titolo del volume introduce il lettore nella dimensione offerta dalla fonte
privilegiata per la ricerca, i bilanci comunali, lì dove il dato quantitativo coniuga visibilmente
la gestione delle risorse rispetto allo svolgimento delle funzioni urbane con la
possibilità di scelta da parte degli amministratori. Da questo presupposto scaturiscono
molteplici potenzialità interpretative che affidano centralità al territorio, inteso dall’a.
come «categoria della pratica sociale» (p. 14), sia nel rapporto tra potere centrale e realtà
periferiche sia nella narrazione ravvicinata dell’evoluzione dei processi insediativi incrociando
piani diversi con capacità comparative, come è accaduto nella storiografia europea
ripercorsa dall’a. in un rapido quadro d’insieme. Vale a dire affrontando le ricostruzioni
da angolazioni diverse e pur destinate all’interazione, sia che si voglia favorire la narrazione
sociale economica, o culturale identitaria, o squisitamente urbanistica.
Per l’Italia il periodo più indagato attraverso tale documentazione è quello tra ’800
e ’900 con riferimento alla ricca produzione di storia urbana, per la quale la lettura dei
bilanci ha permesso di mettere a fuoco il sistema delle relazioni civiche e i protagonismi
amministrativi e professionali. L’a. sposta l’attenzione su un periodo meno indagato, sul
primo ’800, sul Mezzogiorno continentale, su una stagione durante la quale con la «monarchia
amministrativa» francese il bilancio comunale diventa lo strumento contabile per
razionalizzare le risorse patrimoniali di una comunità a favore di una «moderna organizzazione
finanziaria» (p. 20). I documenti utilizzati sono gli Stati discussi comunali dal 1810
fino agli anni ’40 insieme ai fondi del Ministero degli Affari Interni conservati presso l’Archivio
di Stato di Napoli. Le aree indagate sono lo spazio provinciale della Basilicata, dove
la consistente presenza di beni demaniali consente all’a. di addentrarsi nello specifico del
loro utilizzo rispetto ai «compiti nuovi» delle comunità (p. 28). Come si evince pure dai
casi di capoluoghi del Regno (Campobasso, Bari, Caserta, Capua, Avellino) e di alcuni
centri minori che sollecitano «questioni diverse» (pp. 16-17), compresa la ricerca di un
tratto distintivo, amministrativo e/o turistico.
In sostanza il filo conduttore di fondo del volume è in che misura e con quali risorse
avviene «l’incontro con la modernità» (p. 33). I processi risultano complessi e contraddittori
per più condizionamenti. Per la riscossione dei proventi dai beni comuni, valgono
la morfologia dei territori, la rinuncia delle quote, le eventuali usurpazioni. E in generale
dalle interessanti e numerose tabelle che costituiscono parte integrante del testo e che
riguardano per ogni comunità presa in esame gli introiti totali, le percentuali dei dazi consumi,
il peso delle singole derrate, si ricava che la modernizzazione (cercata soprattutto
con la viabilità, gli interventi idraulici, il decoro e la crescita urbanistica) avviene sempre
con l’imposizione indiretta che non scende quasi mai tra il 1810 e il 1842 al di sotto del
60 per cento.

Maria Marcella Rizzo