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Paolo Borgna – Un paese migliore. Vita di Alessandro Galante Garrone – 2006

Paolo Borgna
Roma-Bari, Laterza, XI-480 pp., euro 26,00

Anno di pubblicazione: 2006

Vi sono personaggi pubblici la cui grandezza morale e il cui spessore intellettuale appaiono così esemplari da spingere inevitabilmente i loro biografi sulla strada, nobile sul piano civile, ma difficilmente controllabile sul piano scientifico, dell’agiografia: uno di questi, nel Novecento italiano, fu senz’altro Alessandro Galante Garrone, magistrato e storico piemontese, editorialista de «La Stampa». Colmando un vuoto effettivo, ma muovendosi su questo terreno incerto tra biografia e agiografia, il suo amico magistrato, Paolo Borgna, il quale aveva già raccolto il suo testamento politico-intellettuale in Il mite giacobino. Conversazioni su libertà e democrazia, pubblicato da Donzelli nel 1994, ne ha fatto una appassionata ricostruzione, sulla base di un ricco materiale.Fin dalla prefazione, l’autore fa professione di «imparzialità», ma non di «indifferente neutralità» verso la tradizione azionista, prendendo le distanze dal paradigma «anti-azionista» che è stato elaborato negli anni Novanta e che ha trovato espressione compiuta nella critica del «gramsciazionismo» di Dino Cofrancesco (p. X). Infatti, che l’azionismo non costituisca una forza monolitica, che avrebbe monopolizzato la cultura italiana della seconda metà del Novecento, in nome dell’antifascismo, prendendosi così la rivincita della sua sconfitta politica nell’immediato dopoguerra, è un problema ben chiarito da Borgna. Che, al contrario, il patrimonio culturale e storico dell’azionismo rappresenti una realtà complessa, formata dalle comuni esperienze dell’antifascismo, ma composta da individualità uniche per formazione e interessi, è la prospettiva implicita nel taglio biografico. I personaggi di questa vita di Galante Garrone, che tende talvolta ad assumere una dimensione «corale», Giorgio Agosti, Dante Livio Bianco, Vittorio Foa, Franco Venturi, Leone Ginzburg, furono tutti antifascisti allo stesso modo; tuttavia, ciascuno fu «azionista» a modo suo.Di Galante Garrone (1909-2003) l’autore ripercorre vicende pubbliche e private nel contesto italiano del XX secolo, dall’antifascismo alla guerra civile, dalla nascita della Repubblica alla crisi del sistema dei partiti politici. I capitoli centrali del libro sono dedicati all’esperienza dell’antifascismo, che coincise con l’età della sua formazione, la scelta degli studi giuridici, l’avvicinamento a Giustizia e Libertà, l’impegno nel Partito d’Azione. Tuttavia, suscita qualche perplessità la definizione di Borgna, secondo cui «prima ancora di essere un movimento politico, Giustizia e Libertà è uno stato d’animo» (p. 141); in questo modo, l’autore riproduce l’auto-rappresentazione del movimento di Carlo Rosselli, continuata nel Pd’A, collocandosi senza riserve (analitiche, non politiche) all’interno di una tradizione che identifica virtù pubblica e virtù privata, etica e politica, pensiero e azione. È indubbio che la Resistenza fu «il momento alto» dell’esistenza di Galante Garrone, come di tutta la generazione «azionista»; essa però, alimentando la prospettiva di un «paese migliore», contribuì a fondare un criterio di valutazione per la vita politica della Repubblica democratica, dall’alto valore morale, ma talvolta fin troppo severo.

Marco Bresciani