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Paolo Favilli – Marxismo e storia. Saggio sull’innovazione storiografica in Italia (1945-1970) – 2006

Paolo Favilli
Milano, FrancoAngeli, 325 pp., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2006

Due lunghe introduzioni presentano il tentativo dell’autore di ricostruire una «mappa concettuale ?marxista? secondo distinzioni ?storicamente determinate?, trattando idee, strumenti analitici ?come fatti?» (p. 7). Tale tentativo è situato, con ulteriore discussione di punti particolari, nel contesto storiografico generale attuale, che sarebbe dominato da studi sulle rappresentazioni culturali (gli storici parlano in continuazione di cultura, insomma ? come scrive Jürgen Kocka ? «mentre l’economia plasma la nostra vita»). Negli otto capitoli successivi ? dedicati alle origini del materialismo storico in Italia, a Cantimori, all’impegno degli studiosi, al rapporto con crocianesimo, storicismo, scienze sociali, infine al capitalismo come problema storico e al destino degli studi economico-sociali negli anni ’70 ? si troveranno dunque gli elementi per tracciare una «mappa concettuale» marxista del campo storico (ma non la mappa stessa, disegnata con nettezza). E cioè si troveranno discussioni a non finire intorno ai problemi della storia economica, del materialismo storico, della storia sociale; citazioni, digressioni, puntualizzazioni sulle ricerche ispirate all’esempio e al pensiero di Marx e dei suoi commentatori e critici, o che suggerivano o proclamavano di esserlo; e poi le ricostruzioni, rievocazioni, controversie agitate da coloro che si appassionarono a questi problemi e temi, tra il 1945 e il 1970. Con un’immagine, si potrebbe dire che il libro di Favilli è una ideale prosecuzione delle discussioni e delle polemiche che intorno al pirotecnico, effervescente, lucidissimo e appassionato Antonio Labriola si svolgevano al caffè Aragno a Roma. Ma non risponde (non si propone di rispondere) alla domanda, forse non irrilevante, se è vero che nel dopoguerra i giovani storici marxisti ebbero un approccio al marxismo «di tipo politico, non euristico, insomma si erano fatti marxisti in quanto quella era la scelta ideologica che discendeva dalla militanza comunista» ? domanda che si può porre invece, mettendo il punto interrogativo all’affermazione, ora citata, di Roberto Pertici (attribuita ad altri da Favilli a p. 51n). Ne deriva che l’autore non mette al centro dell’esame le opere storiche degli storici materialisti e marxisti (non si propone di esaminarle in dettaglio). Due esempi: discute di Labriola, ma non prende in esame gli studi sulla Rivoluzione francese (che era l’unico argomento storico che Labriola si sentisse di conoscere a fondo), né l’incompiuto Da un secolo all’altro (un bel progetto di «storia immediata»); rievoca la polemica di Cantimori con Antoni su Marx, ma non ci dice se la severità del primo nei confronti del secondo era o meno fondata. È quindi un libro utile per chi si appassiona alle discussioni, polemiche, controversie e rievocazioni su marxismo e storia e certo non mancano le osservazioni acute (per esempio a p. 69, sulla compatibilità di storia «strutturale» e delle rappresentazioni). Lo stile di Favilli, però, non è scorrevole, ci sono molte ripetizioni degli stessi concetti e numerosissime citazioni, nelle note c’è qualche errore di troppo: è mancata una robusta revisione editoriale del testo.

Massimo Mastrogregori