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Paolo Mattera – Storia del PSI 1892-1994 – 2010

Paolo Mattera
Roma, Carocci, 239 pp., Euro 17,00

Anno di pubblicazione: 2010

Mattera ha un gran merito: ricostruisce per la prima volta con intenti divulgativi la storia del Psi. Per dirla in termini crociani, il suo lavoro affronta un «problema storico»: una vicenda lunga cent’anni, spesso nobile, sempre complessa, non di rado decisiva per la vita del paese, non si misura, come spesso accade, sul suo triste epilogo. Il Psi muore snaturato e non nasce certo il 3 luglio del 1992, quando Craxi giustifica condotte scellerate, pretendendo l’impunità per un sistema che, «sarebbe […] criminale solo se valutato sul metro di un’etica della politica» (p. 227).Il saggio non ha introduzione critica ed è un peccato, perché l’ampio percorso – dall’Italia crispina alla «seconda repubblica» – ha imposto all’a. scelte difficili, legate alle dimensioni del lavoro e alle ragioni di una «sintesi» rivolta non solo agli «addetti ai lavori». Due dati si segnalano: la scrittura scorrevole e l’impianto agile, che talora, però, va a scapito dell’approfondimento. Sarebbe ingeneroso leggere da «specialista», ma alcuni dubbi sono legittimi: è possibile «narrare» il Psi chiudendo in venticinque pagine il dibattito ideologico e le lotte che ne accompagnano la nascita? Quanto costa questa scelta, in fatto di comprensione dei limiti di partenza di un partito che, «da romagnolo, lombardo o padano, diventava nazionale» (p. 16) ma, di lì a poco, adottava la formula turatiana per cui lo sviluppo del Nord avrebbe trainato l’emancipazione del Sud? Forse non è un caso se nel testo ci siano Lerner e Funari e non trovi posto Stefano Merli, neanche in una bibliografia esile, anche per chi indica «solo alcuni lavori di orientamento generale» (p. 229). Su Merli pesa forse il giudizio di Cortesi – l’amore per l’autonomia socialista lo condusse al craxismo – ma se lo ignori, rinunci a un prezioso contributo di ricerca, analisi e lavoro sulle fonti che ti aiuta a collocare il Partito nell’articolato contesto del movimento operaio. Di qui, forse, le disparità di «peso» tra alcune parti del saggio, che dà il meglio di sé dove si giova del lavoro di scavo servito a Mattera per il suo «partito inquieto».Mancano le note, in linea col taglio divulgativo, sicché c’è maggior spazio per il tentativo, questo sì riuscito, di tenere assieme la storia politica con quella dei mutamenti sociali di tempo lungo. Mutamenti che, tuttavia, sembrano tappe obbligate dell’evoluzione storica, sicché il saggio a volte si esaurisce nella «cronaca» e si impoverisce quando occorre collegare agire politico e trasformazione sociale, quasi che i fatti siano autonomi dal ruolo storico del Partito. È una lettura per cui l’esito drammatico della vicenda socialista si separa dal ruolo di un partito che, nato da un’idea di società alternativa al modello borghese, finisce con l’assecondare i mutamenti anche quando conducono nelle trincee del capitale. Eppure, della scelta di «integrarsi» nascono la fine del Psi e una sinistra che, partita da Marx e dalla lotta di classe, non riesce a proporre neanche un modello di società ispirato ai valori della socialdemocrazia. Il saggio apre un via. Occorrerà esplorarla.

Giuseppe Aragno