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Paolo Soddu – Ugo La Malfa. Il riformista moderno, – 2008

Paolo Soddu
Roma, Carocci, 526, pp., euro 39,60

Anno di pubblicazione: 2008

Affrontare la biografia di un «padre della patria» come La Malfa comporta sempre un rischio: quello del paragone con i tempi odierni e quindi della santificazione di un gigante della politica del dopoguerra. Fatalmente Soddu, nella sua ponderosa, minuziosa e documentatissima biografia, sfiora questo pericolo per lo più riuscendo a tenere la barra dritta nel rigore storiografico. Il problema in realtà è nell’oggetto stesso della sua indagine. La Malfa è stato un vero protagonista della politica italiana, incommensurabilmente più importante del peso elettorale che raccoglieva il suo partito.È stato un politico intransigente, a volte stizzoso e quindi di poche simpatie. Non si curava di piacere o compiacere l’uditorio, anzi. Indro Montanelli in un celeberrimo articolo descrisse un suo incontro con industriali milanesi dove il leader repubblicano faceva di tutto per contrariare il parterre, «avvitandosi e contorcendosi» nei suoi tic mano a mano che la polemica saliva di tono, e mostrando alla fine tutta la sua disistima per buona parte della classe imprenditoriale. Con il risultato che «i ricchi non lo amano e i poveri non lo capiscono» come scrisse, nel 1974, il settimanale femminile «Grazia» (p. 238). Inoltre commise, a parere di scrive (ma su questo Soddu non prende posizione), alcuni errori disastrosi di valutazione sui socialisti e su Aldo Moro all’epoca del primo centro-sinistra; e non comprese altresì la forza inarrestabile e per certi aspetti positiva della società dei consumi, arrivando ad alcune impuntature pauperiste come l’opposizione all’introduzione della tv a colori.Eppure, era mille miglia avanti rispetto ai suoi contemporanei. Aveva compreso la necessità dell’apertura al mercato e alla concorrenza, della politica dei redditi, della dimensione euro pea, della modernizzazione, del dialogo senza sconti con il Partito comunista, e così via. Era, cioè, un politico con una visione, un «presbite» come a volte lui stesso si definiva scherzando sulla sua debole vista. E non a caso Paolo Baffi, nel 1962, lo gratificava dell’etichetta di elder statesman nonostante la sua ancor giovane età.Eppure alla fine La Malfa ottenne «poche grandi vittorie e infiniti insuccessi» (p. 343), e del suo rigore e della sua passione, come ricorda con molta empatia l’a., non è rimasto molto. Molti si resero conto del vuoto che lasciava solo quando scomparve perché quella Cassandra – nomignolo che gli era stata attribuito per i suoi costanti ammonimenti a non trascurare le aree arretrate del paese – incarnava il prototipo di una classe politica al servizio di interessi collettivi e generali.Soddu descrive passo passo la carriera politica di la Malfa fin dall’attività clandestina antifascista e dalla partecipazione al Partito d’Azione. Ne fornisce una panoramica dettagliatissima puntando i riflettori ora sull’azione politica e di governo (di preferenza, com’è giusto), ora sulla vita interna di partito dimostrando quanto travagliata sia stata la trasformazione del Pri in un partito riformista, ambiziosamente autodefinitosi «l’altro polo della sinistra». Questo affresco minuzioso si sarebbe però assai giovato di una conclusione problematica, di una messa in prospettiva, che la pur ampia introduzione non offre appieno.

Piero Ignazi