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Parole sovrane. Comunicazione politica e storia contemporanea in Italia e Germania

Stefano Cavazza, Filippo Triola (a cura di)
Bologna, il Mulino, 300 pp., € 23,00

Anno di pubblicazione: 2017

Tra gli studi sulla comunicazione politica – che l’attenzione alle sfide della società
di massa, l’accostamento della storiografia alle scienze sociali, gli effetti, pur discussi e discutibili,
del linguistic turn, hanno arricchito di risultati già importanti – questo volume,
frutto di saggi offerti da studiosi di generazione diversa, appare un contributo di notevole
interesse per almeno due ordini di ragioni.
Originale innanzitutto la scelta di comparare due esperienze storiche – quella italiana
e quella tedesca – che, nella loro profonda diversità, pure si connotano per il fatto
di avere in comune alcuni dati strutturali di ordine istituzionale, economico, politico.
Anche se, tanto a livello teorico e metodologico quanto a livello di contenuti, proprio
la comunicazione politica rappresenta nei due casi un elemento di distanza che ne segna
l’evoluzione: ciò perché – come sottolinea acutamente Cavazza nelle pagine introduttive,
spiegando anche il diverso titolo dato ai due saggi di orientamento storiografico pubblicati
rispettivamente da Thomas Merger e dallo stesso Cavazza – l’analisi della comunicazione
politica è diventata in Italia parte della storia politica, ma la prospettiva italiana
resta lontana da quella tedesca di identificare i due ambiti considerando la politica come
produzione di discorso; poiché nel nostro paese la politica resta legata piuttosto ad un
universo sostanzialistico di istituzioni rispetto al quale la comunicazione arricchisce, ma
non muta, il contenuto.
Ne deriva – ed è questo un secondo aspetto che rende questa lettura interessante
– un diverso rapporto che sin dall’inizio si costruisce nei due paesi tra quadro istituzionale,
attori della politica che producono e diffondono il proprio discorso, e società
civile. Esaminato intelligentemente attraverso alcuni focus tematico-cronologici, questo
rapporto passa da un diverso tipo di giornalismo politico tra ’800 e ’900 – più legato ai
contenuti e all’elaborazione in Germania, secondo Clemens Zimmermann; più ancorato
al giornalismo letterario in Italia – e da una organizzazione assai più precoce e sistematica
della propaganda di guerra nel primo paese rispetto al secondo. Laddove, come suggerisce
Filippo Triola in un lungo contributo sulla propaganda socialista, il modello della socialdemocrazia
tedesca come partito di programma e di propaganda, si arricchisce in Italia
anche del riconoscimento e dello sforzo di una attività di educazione e alfabetizzazione
destinata a rimanere sul lungo periodo.
Lo conferma l’evoluzione avuta dal problema nei due paesi nel complesso secondo
dopoguerra, nel clima della guerra fredda, e della fine di una esperienza storica che ha
lasciato una eredità non facile da elaborare nel corso della transizione post1989: in Italia
l’evaporare dei partiti che sono stati le vertebre del corpo della Repubblica; in Germania
i fantasmi dei due regimi che hanno connotato la contemporaneità. Domande aperte in
un libro senza dubbio meritevole di attenta considerazione.

Andrea Ragusa