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Per una storia delle scuole all’aperto in Italia

Mirella D’Ascenzo
Pisa, Ets, 292 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2018

Dedicato al tema delle scuole all’aperto, al crocevia tra storia sociale dell’infanzia, storia della legislazione a salvaguardia della medesima e storia dell’educazione «speciale», a favore dei soggetti più gracili, il volume si propone anzitutto di «tematizzare la questione», offrendo «nuovi ed aggiornati elementi di natura storiografica, in un settore tutto sommato poco sondato» (p. 16). Come si dichiara fin dalle prime pagine, è lo stesso oggetto della ricerca a sfuggire a uno sguardo ordinatore, talora compreso nel quadro della variegata vicenda dell’assistenza, più che non dell’istruzione in senso stretto, talaltra indagato, piuttosto, in relazione al processo di modernizzazione educativa (e didattica) del paese, all’interno di una vasta esigenza di rinnovamento teorico e pratico della scuola, teso a superare, dal secondo ’800 in avanti, schemi autoritari, magistrocentrici, centrati sulla passività dell’alunno «in un contesto con spazi e orari rigidi» (p. 13).
Mirella D’Ascenzo, storica della scuola e già autrice di pregevoli contributi sulla realtà bolognese e non solo, sceglie al contrario di tenere insieme l’ampio spettro di situazioni, ricostruendone qui gli scenari, secondo un percorso che dal globale giunge al locale, così ricco di potenzialità euristiche anche in ambito storico-educativo, come la stessa a. ha più volte mostrato.
Il primo capitolo è perciò dedicato al dibattito internazionale sull’outdoor in educazione, igiene e medicina tra XIX e XX secolo, per arrivare alla legittimazione teorica dei primi, pionieristici progetti, specie in Francia e Svizzera, a opera di figure quali Adolphe Ferrière, Gaston Lemonier e Jean Dupertuis. Fu soprattutto grazie a loro che, nel corso del primo ’900, si fece evidente il nesso fra éducation nouvelle e scuole all’aperto, con la possibile e auspicabile apertura di queste a tutti. Il secondo capitolo si sofferma, invece, sulla situazione italiana e sulla ricezione del tema al di qua delle Alpi. Sulla scorta della letteratura esistente, perlopiù coeva, sono presentati i casi di Padova, Genova, Bergamo, Roma, Milano, Torino e non solo, ripercorrendone le vicende, dalla ridestata attenzione d’inizio secolo per la vita all’aperto, in «reazione all’intellettualismo e al macchinismo» tardottocenteschi (p. 86), all’azione propagandistica del fascismo, tra eugenetica e pro- filassi igienica e pedagogica, fino alla ripresa democratica nel secondo dopoguerra, col disegno di rilanciare le scuole all’aperto come scuole nuove.
Se le prime due parti del libro si basano essenzialmente sulla documentazione a stampa, la terza propone «un livello più raffinato di analisi e di ricostruzione storica» (p. 21). Le fonti sono stavolta date dagli archivi di Bologna: carteggi amministrativi, ma anche quaderni di scuola, giornalini scolastici, fotografie, testimonianze d’insegnanti… L’affondo su un preciso caso locale, familiare all’a., ma arricchito e alimentato dall’affresco generale fin qui tracciato, offre innumerevoli risvolti, rendendo la ricerca in qualche modo esemplare di un modo nuovo di fare storia, che oggi chiameremmo «glocale».

Matteo Morandi