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Peter Neville – Mussolini – 2004

Peter Neville
London and New York, Routledge, pp. XIV-237, euro 16,73

Anno di pubblicazione: 2004

Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom di biografie di Mussolini in lingua inglese. Fra queste, però, solo quella di Richard Bosworth sembra destinata a suscitare un serio dibattito storiografico. La biografia di Peter Neville (storico diplomatico non specializzato nello studio della storia italiana) raggiunge un livello di divulgazione dignitosa. Finché si tratta di problemi tradizionali come la conquista del potere, lo svolgimento della politica estera, i rapporti con la Monarchia e la Chiesa, l’autore dimostra un’adeguata conoscenza della letteratura e parecchio buon senso, e sul piano più strettamente biografico del libro fornisce delle annotazioni psicologiche e mediche utili. La sua visione complessiva del carattere di Mussolini segue però abbastanza da vicino quella di Bosworth, e quantunque metta in guardia il lettore contro la tentazione di trattare il duce come un pagliaccio, i singoli giudizi che esprime non sempre tengono conto di questo avvertimento. Spesso Neville presenta inoltre giudizi contrastanti senza tentare di risolvere la contraddizione.
Il libro non offre nessuna chiave interpretativa per capire il carisma di Mussolini, e non spiega neppure le ragioni per il suo iniziale e straordinario successo nel Partito Socialista. Non sembra prendere sul serio gli interessi intellettuali di Mussolini socialista e neppure il suo attivismo rivoluzionario. A mio parere, sottovaluta gravemente la popolarità di Mussolini, quando asserisce che ?non aveva mai una base popolare di massa?, e attribuisce alla sua diffidenza la scelta di non sottoporsi neppure formalmente al giudizio del popolo, a differenza di quanto fece Hitler. Ma, com’è ben noto, Mussolini organizzò due elezioni plebiscitarie, nel 1929 e nel 1934.
La bibliografia appare carente rispetto ai nuovi lavori. Neville non cita gli studi di Victoria De Grazia sul dopolavoro e sulle donne e sembra ignorare quello di Simona Colarizi sull’opinione, il che aiuta a spiegare perché la sezione dedicata al problema del consenso non è molto illuminante. Neville giustamente insiste sulle debolezze del regime, e sull’importanza dei compromessi con le forze conservatrici. Le pagine sullo Stato corporativo e sul carattere assolutamente non radicale della politica economica fascista sono tra le migliori. Ma sostanzialmente Neville ignora l’altro lato della questione, cioè la creazione di un apparato istituzionale e propagandistico di carattere e dimensioni assolutamente nuove. Di conseguenza, l’imperativo ideologico che riconosce dietro la politica estera di Mussolini rimane sospeso nel vuoto, senza un’adeguata contestualizzazione. L’autore non dimostra di essere a suo agio sul terreno della cultura italiana. Marinetti appare come un pittore di ?quadri vividi e allarmanti? (!), mentre alcune sue frasi famose sono attribuite allo stesso Mussolini, sulla base di un’antologia da me curata, qui citata evidentemente in modo erroneo.
Per non concludere su una nota negativa segnalerei tuttavia l’intelligente comparazione tra diverse procedure di decision-making nell’Italia di Mussolini e nella Germania di Hitler.

Adrian Lyttelton