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Pier Luigi Ballini e Maurizio Ridolfi (a cura di) – Storia delle campagne elettorali in Italia – 2002

Pier Luigi Ballini e Maurizio Ridolfi (a cura di)
Milano, Bruno Mondadori, pp. 300, euro 22,90

Anno di pubblicazione: 2002

Al volume va il merito di aver riproposto all’attenzione degli studiosi il tema, finora abbastanza trascurato dalla storiografia italiana, delle campagne elettorali come chiave interpretativa per comprendere tanto le evoluzioni del linguaggio politico e delle tecniche di propaganda quanto i mutamenti profondi intervenuti nel sistema politico-istituzionale e nelle forme di legittimazione/consenso. I saggi che lo compongono, privilegiando sia gli aspetti politici sia quelli socio-antropologico-culturali delle campagne elettorali, offrono un quadro esauriente di queste trasformazioni dove, accanto ai fattori normativi e legislativi (analizzati da Ballini), entrarono in gioco molti altri elementi: l’avvento delle macchine elettorali di natura partitica col conseguente sviluppo di rituali politici collettivi, la crescente ideologizzazione della politica nel primo dopoguerra, l’affermarsi del protagonismo dei leader fino alla vera e propria spettacolarizzazione del discorso politico introdotta dai mezzi di comunicazione di massa.
Nel quadro di queste evoluzioni è possibile tuttavia rintracciare qualche elemento di continuità come mostra il saggio di Ridolfi che ripercorre l’intera storia delle campagne elettorali in Italia: il fatto, ad esempio, che la ?cerimonia? del voto abbia sempre costituito un momento rituale/spettacolare di forte impatto pubblico, pur cambiando nel tempo i vettori, i destinatari e gli stessi artifici del messaggio propagandistico. Mentre Emma Mana illustra i complessi circuiti della rete notabilare ottocentesca e il ruolo decisivo che ebbero le campagne elettorali dei partiti dell’Estrema nel rompere la routine tradizionale, grazie soprattutto alla mobilitazione organizzativa diffusa su tutto il territorio nazionale, Seerge Noiret mostra come la modernizzazione delle tecniche elettorali abbia subito una notevole accelerazione dopo la Grande Guerra (manifesti, mezzi di trasporto, decaloghi e manuali per gli elettori). L’epoca fascista, mescolando forme di propaganda tradizionali con elementi nuovi come la radio, il cinema e la fotografia, dimostrò il ruolo ormai imprescindibile assunto dalla macchina organizzativa di partito e dagli strumenti della mobilitazione di massa anche all’interno di un regime antidemocratico e plebiscitario (Enzo Fimiani).
Il dopoguerra, segnato da un conflitto ideologico radicale e dall’affermarsi della militanza politica come veicolo principale della comunicazione elettorale, vide la costante ricerca di strumenti di propaganda alternativi (banchetti, fotoromanzi, cinemobile, canzoni) fino ad arrivare, con la diffusione della televisione, a una vera e propria interazione tra sistema politico e sistema dei media (Stefano Cavazza). Gli interventi di Francesca Anania e Fabrice d’Almeida si soffermano su questa interazione dimostrando come la presenza della televisione (e, in tempi recenti, dei sondaggi d’opinione e degli esperti di comunicazione) abbia sempre più personalizzato e spettacolarizzato il linguaggio politico; dopo la crisi della cosiddetta Prima Repubblica, i ruoli si sono addirittura capovolti e la televisione, coi suoi slogan fugaci ma ad effetto, ha finito per assumere nei confronti dell’elettore/spettatore una funzione quasi del tutto sostitutiva a quella dei partiti.

Giulia Guazzaloca