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Pietro Macchione – Il sangue e la memoria. La punizione dei fascisti in provincia di Varese – 2006

Pietro Macchione
Varese, Macchione Editore, 159 pp., euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il tema della violenza post-Liberazione è stato (e rimane) uno dei temi di scontro mediatico più praticato nel corso degli ultimi anni. Uno scontro che esula, nella maggior parte dei casi, da un confronto con quanto la storiografia è riuscita ad elaborare e che rientra in quella sorta di nuovo processo alla Resistenza che ha in prodotti editoriali di grandissima diffusione gli strumenti più efficaci di comunicazione. In realtà oltre a quanto di già consolidato esiste sull’argomento (cito fra gli altri le ricerche di Crainz, Dondi, Onori, Franzinelli, Woller e del sottoscritto) sarebbe di grande utilità riprendere un esame preciso e puntuale delle realtà territoriali, dove è possibile verificare le dinamiche dell’impiego della violenza, in stretto collegamento con le singole, articolate, vicende della lotta di Resistenza nelle differenti comunità. Restituire, ad esempio, la complessità della fase insurrezionale e della transizione verso la pace attraverso l’azione giudiziaria delle Corti di assise straordinarie, mezzo di passaggio dalla giustizia sommaria alla epurazione come ripresa di controllo dello Stato sul territorio liberato. Il saggio di Macchione non riesce a cogliere le potenzialità di queste piste di ricerca sia per motivi cronologici (si tratta in sostanza della riedizione de La punizione dei delitti fascisti in provincia di Varese già pubblicato nel volume Momenti di storia varesina tra Unità e seconda guerra mondiale curato ed edito dall’Istituto varesino per la storia della Resistenza e dell’Italia contemporanea nel 1991), sia perché proponendo una riedizione senza aggiornamenti si preclude approfondimenti su una realtà interessante come quella varesina, segnata da una forte intensificazione della violenza fascista dalla tarda estate del 1944, con l’arrivo del capo della provincia Savorgnan (proveniente da Reggio Emilia dove si era reso responsabile della uccisione dei fratelli Cervi e di don Pasquino Borghi) sia di elementi della Brigata Nera di Arezzo, guidati dal tenente Abatecola. Un approfondimento su queste due figure, il primo ucciso nei giorni della Liberazione, il secondo su sentenza della CAS nella primavera 1946, avrebbe consentito una verifica più puntuale di come la «resa dei conti» si sostanziasse in una realtà come quella varesina, di immediata periferia rispetto alla metropoli ma coinvolta nelle dinamiche di un territorio di frontiera. La stessa analisi dell’azione della Corte di assise straordinaria rimane lacunosa, utilizzando come fonte non le carte processuali ma la stampa locale senza proporre una visione complessiva dell’intero iter processuale che ebbe, a Varese, come quasi ovunque, una serie di procedimenti progressivamente smantellati nelle fasi successive di giudizio fino all’applicazione finale dell’amnistia. Il saggio di Macchione recupera materiali diversi su diversi episodi (compresa la uccisione del maggiore Visconti, di cui però non recepisce le ricerche uscite nel frattempo) senza tentare una rilettura critica e organica. Da segnalare, infine, come ulteriore elemento di debolezza, la mancanza di un indispensabile indice dei nomi e dei luoghi.

Massimo Storchi