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Presenza polacca nell’Italia dell’entre-deux-guerres

Andrzej Zieliński
Milano, FrancoAngeli, 228 pp., € 29,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume è il risultato della pubblicazione di un inedito al quale Andrzej Zieliński lavorò negli ultimi anni di vita e che quasi aveva concluso al momento della morte, veri- ficatasi nel 2008. Non si tratta, dunque, di un’opera compiuta e a ciò sono dovute le pur occasionali lacune reperibili nel testo, nonché alcune debolezze strutturali, come la non organicità di certe parti e l’assenza di una vera conclusione. Non per questo il saggio è privo di interesse. L’a. è uno dei punti di riferimento della polonistica in Italia dagli anni ’60 alla sua morte e si adoperò perché anche nella sua patria circolassero gli scritti dei maggiori autori teatrali, lirici e di prosa dell’Italia degli ultimi due secoli, compito non facile, visti i tempi.
Zieliński in questo volume propone una rassegna dei contatti e degli scambi che si svilupparono nell’ambito in questione tra Italia e Polonia tra le due guerre mondiali, periodo in cui emerse la polonistica in Italia, con l’esplicita ammissione di voler lasciare le relazioni politiche sullo sfondo. Tale scelta rappresenta il principale limite del volume, che invece avrebbe beneficiato di un approfondimento del contesto in una fase in cui era particolarmente evidente il condizionamento esercitato dal mutare dei rapporti tra gli Stati su ogni altro piano. Né, a seguito della scomparsa dell’a., la ricostruzione viene contestualizzata alla luce dei recenti studi di diplomazia culturale (di Santoro, Monzali, Medici e altri). Eppure, come ammette lo stesso Zeliński nell’Introduzione, dalla coeva situazione interna ai due Stati e internazionale non si può prescindere.
In un paese come il nostro privo di una forte tradizione di diplomazia culturale, eppure in qualche modo attivo nel ventennio fascista su questo fronte, la Polonia fu con- siderata una realtà tutto sommato marginale rispetto ad altre aree contigue o reputate più affini. Di qui un quadro di contatti saltuari e demandati per lo più alle iniziative di singoli intellettuali, certamente non paragonabili a quelli con la cultura russa. L’a. ci informa che le traduzioni dal russo erano dieci volte più numerose di quelle dal polacco e che gli am- bienti dei russi in Italia erano ostili alla diffusione della cultura polacca, eppure i russisti italiani, non ultimo Ettore Lo Gatto, diedero un contributo notevole (p. 104).
L’ostilità maggiore venne però da ambienti legati al regime fascista, che si mossero in linea con le scelte di italianizzazione dello stesso. Il condizionamento della politica sulla circolazione della cultura divenne evidente dalla metà degli anni ’30, quando il numero delle traduzioni si ridusse significativamente e contemporaneamente si moltiplicarono le iniziative puramente propagandistiche, come le conferenze volte ad esaltare i legami tra gli ambienti mazziniani e garibaldini e i patrioti polacchi o quelle in cui si esaltava la figura di Piłsudski (p. 137).
Si tratta quindi di un’opera che potrà divenire utile strumento per chi si occuperà dei rapporti culturali dell’Italia fascista con l’Europa orientale, nonostante i limiti sopra esposti.

Emanuela Costantini