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Progetto di costituzione confederale europea ed interna

Duccio Galimberti, Antonino Rèpaci
con tre scritti di Luigi Bonanate, Gustavo Zagrebelsky, Lorenzo Ornaghi, Torino, Nino Aragno editore, pp. VI-206, € 12,00

Anno di pubblicazione: 2014

È ripubblicato il progetto del 1943 di Galimberti e Rèpaci, uno dei pochi testi costituzionali della Resistenza italiana. Non a caso gli autori facevano parte del Partito d’azione, la formazione politica più interessata a realizzare attraverso la lotta contro i fascisti un cambiamento radicale degli assetti politico-istituzionali del paese. Lo scritto si compone di due sezioni.
La prima disegna l’architettura istituzionale di una vera e propria federazione euro¬pea, dotata di una sovranità superiore rispetto ai singoli stati membri, quindi con piena competenza su politica estera, difesa, economia e colonie. Vi sono un’assemblea, una corte di giustizia, un governo continentali, non esistono invece gli eserciti nazionali. La seconda parte è la costituzione interna che tutti i paesi aderenti all’unione si prevede debbano adottare. Qui si prefigura uno stato democratico-corporativo, perché retto da un sistema di doppia rappresentanza: politico-territoriale classica e di categoria, professio- nale-lavorativa. L’ordine delineato è assai distante, per molti aspetti, da quello postbellico che si stabilirà di lì a pochi anni, in Italia e nell’intera Europa. Per esempio, i due azionisti prescrivono una stretta connessione tra i due piani istituzionali, federale e nazionale, il primo dei quali prevale sul secondo e, tra l’altro, possiede una costituzione nonostante a esso non corrisponda una compagine esistente. In questo modo si contravviene alla dottrina tradizionale, secondo cui prima viene lo Stato e poi la sua carta fondamentale. Inoltre, dagli autori viene sancito il divieto di formare partiti politici quali strumenti di mediazione tra individuo e Stato, perché il rapporto tra questi è assicurato dal meccani¬smo della rappresentanza organica (e dal basso) degli interessi.
Tali caratteristiche, per l’odierno lettore così «eccentriche», si spiegano al meglio se si legge il progetto all’interno del contesto che lo ha prodotto. In questo senso, nel libro, risultano assai utili i saggi introduttivi dei tre studiosi, non di storia ma di politologia e diritto. Dalle loro pagine il testo in questione emerge chiaramente come una delle solu¬zioni elaborate nella fase iniziale di una profonda crisi, in un momento in cui — come di solito accade — vengono avanzate le vie di uscita più disparate. Poi alcune di esse, con il procedere degli eventi risultano impraticabili, ma ciò non toglie che allora questo proget¬to avesse una sua plausibilità agli occhi di qualche protagonista. Da tale punto di vista, la presente e quarta pubblicazione in volume del Progetto appare ancora più opportuna. Infatti, l’ultima in ordine di tempo (1990) lo estraeva del tutto dalla situazione storica di origine, al fine di favorirne un’appropriazione indebita da parte dell’estrema destra di matrice neo-fascista, allora alla ricerca di un’improbabile legittimazione nella fase iniziale di un’altra crisi di sistema, che avrebbe portato alla cosiddetta seconda Repubblica.

Carlo Verri