Cerca

Propaganda addio. La Fgci a Modena negli anni Ottanta

Claudia Capelli
Roma, BraDypUS, 159 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2018

Pur essendo una delle strutture più longeve e rappresentative dell’universo politico giovanile, la Federazione giovanile comunista italiana non è mai stata oggetto di un’organica ricostruzione storica e scientifica. Anche la rinnovata produzione sulla storia dei giovani, avviata felicemente dagli studi di Patrizia Dogliani, non aveva finora trovato ispirazione per colmare tale vuoto. È ora la ricerca dell’a. a dare impulso alla scrittura di questa storia, anche se il focus scelto riguarda soprattutto gli anni ’80, con particolare riferimento a quel laboratorio politico che è stato Modena.
L’a. ripercorre velocemente la nascita e lo sviluppo della Fgci, dal 1949 alla fine degli anni ’70, ma poi concentra l’attenzione sul periodo dell’«Assalto al cielo», la rifondazione dell’organizzazione che cerca una strada nuova sia rispetto al riflusso, sia nel confronto con il «partitone». Su questo crinale emerge un’analisi capace di coniugare le riflessioni di una storiografia sempre più copiosa sugli anni ’80 con gli strumenti della storia politica che affronta da più versanti le trasformazioni del Pci fino al suo tramonto. Il filo rosso che tiene uniti gli estremi, anche cronologici, della ricerca è rappresentato dal «nodo del rapporto tra comunisti e mondo giovanile» (p. 23) nel difficile equilibrio con la ricerca di una possibile autonomia dell’organizzazione senza arrivare a un radicale strappo dalla casa madre. Un obiettivo che diventa ancora più delicato proprio nel decennio degli ’80, quando il Pci manifesta palesemente le proprie incapacità a rispondere ai cambiamenti di una società alle prese con crisi economiche e sociali pregresse, mentre la Fgci intercetta gli umori e i linguaggi dei giovani che parlano di ambiente, pacifismo, diritti e inventano nuove forme di partecipazione.
Bene fa l’a. a non isolare e banalizzare gli anni in questione nel troppo semplificato- rio passaggio dall’impegno al disimpegno, problematizzando il periodo con riferimenti al lungo Sessantotto che poi viene ulteriormente complicato dalla stagione dei movimenti e dal Settantasette. E infatti, a partire dal Congresso di Milano del 1982, i giovani «figiciotti» cominciano a invocare la necessità di «una nuova idea di militanza», senza barriere ideologi- che, ma con la priorità attribuita alla «ricerca di un’adesione di tipo tematico, in linea con le suggestioni provenienti dai nuovi movimenti» (p. 66). Si tratta dell’incipit di un nuovo corso, che si attua anche attraverso una diversa organizzazione sul territorio, con la creazione di centri di iniziativa politica e di battaglia culturale impegnati di volta in volta ad affrontare le questioni centrali che vedevano i giovani in prima fila. Da questo punto di vista, il caso Modena rappresenta un esempio significativo. Il ricco fondo della Fgci provinciale, depositato (e ordinato) presso l’Istituto storico di Modena ha permesso di conoscere idee, proposte, eventi (la prima discoteca alle feste dell’Unità) che hanno fatto della Fgci una fucina dove poter dimostrare «il coraggio di essere giovani» (p. 126).

Anna Tonelli