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Prove di imperialismo. Espansionismo economico italiano oltre l’Adriatico a cavallo della Grande guerra

Emanuela Costantini, Paolo Raspadori (a cura di)
Macerata, Eum, 219 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2017

Questo volume – che raccoglie in forma ampliata gli atti di un convegno di studi organizzato dalla rivista «Proposte e ricerche» e dall’Associazione italiana studi di storia dell’Europa centrale e orientale (Aisseco) tenutosi a Spoleto nel maggio 2015 – ha il merito di riprendere e approfondire un filone di ricerca, quello dell’espansionismo politico ed economico dell’Italia liberale nei Balcani e nell’area adriatica, che è stato piuttosto trascurato dalla storiografia negli ultimi decenni. I saggi contenuti nel volume forniscono un pregevole e serio contributo a una migliore conoscenza della storia della politica estera italiana negli anni fra la fine dell’800 e la prima guerra mondiale.
Di particolare interesse sono i saggi di Antonello D’Alessandri, che analizza i tentativi di vari esponenti italo-albanesi, in primis Anselmo Lorecchio, d’influenzare e indirizzare l’azione dell’Italia nei territori albanesi dell’Impero ottomano, di Rudolf Dinu, che ci ricorda l’importanza della Romania come fattore della politica balcanica italiana e come elemento delle relazioni italo-asburgiche e italo-russe, e di Gianni Bovini e Paolo Raspadori, che ricostruiscono le vicende del tentativo italiano di penetrazione economica nella Dalmazia asburgica mediante l’azienda chimica Sufid. Molto utile è poi la ricostruzione che fa Alberto Basciani dell’attività della Compagnia di Antivari, che mostra molto bene la dialettica fra progetti politici della diplomazia e del governo di Roma e iniziative finanziarie e imprenditoriali private alla base della penetrazione economica italiana nei Balcani.
La lettura del volume è stimolante e spinge il lettore a riflettere su varie questioni più generali relative alla storia della politica estera dell’Italia liberale. Era la politica balcanica dell’Italia prima del 1914 antiasburgica, o mirava piuttosto a conquistare spazi d’influenza economica e politica sfruttando l’alleanza con Austria-Ungheria e Germania, all’insegna di una visione della Triplice Alleanza come alleanza competitiva fra partner che perseguivano i propri interessi in maniera spregiudicata e dura, ma cercando sempre il compromesso con gli alleati? Quanto è adeguato l’uso del termine imperialismo per definire la politica dell’Italia liberale verso i Balcani, tenuto conto che, a parte le coste della Dalmazia e dell’Albania, il governo di Roma non coltivava disegni di conquista politica e territoriale nella regione? Ebbe poi veramente Giuseppe Volpi un ruolo così importante nella politica balcanica italiana d’inizio ’900, o non fu piuttosto un semplice elemento esecutivo di secondo piano in una strategia politica i cui ideatori e realizzatori erano i leader governativi e gli alti funzionari diplomatici?
Il nostro auspicio è che gli autori di questo bel libro continuino a interessarsi a questi temi e ci diano nuove risposte a questi problemi cruciali della politica internazionale del primo ’900.

Luciano Monzali