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Raffaele Liucci – La tentazione della “casa in collina”. Il disimpegno degli intellettuali nella guerra civile italiana (1943-1945) – 1999

Raffaele Liucci
Unicopli, Milano

Anno di pubblicazione: 1999

Il titolo di questo libro si ispira al romanzo La casa in collina di Cesare Pavese, in quanto prima rappresentazione “disincantata” della Resistenza. Liucci si è infatti proposto di documentare, attraverso la letteratura e la memorialistica, l’orientamento di quell’ampia “zona grigia” fatta di italiani e italiane che nel 1943-45 non sposarono, almeno non fino in fondo, la causa né della Resistenza né della Repubblica sociale. I testi esaminati in questo libro hanno autori a volte noti e a volte poco conosciuti (tra questi ultimi è da ricordare Andrea Damiano, il cui Rosso e Grigio è stato recentemente ristampato presso il Mulino proprio a cura di Liucci). I giudizi di fronte alla guerra civile italiana che quei testi contengono sono certamente diversi. Ma tutti gli autori condividono in qualche misura il rifiuto ad operare una chiara scelta in favore di una delle parti in campo, essendo invece portati a vedere negli avvenimenti del ’43-’45 soprattutto una manifestazione di violenze e sventure in cui risulta quasi impossibile distinguere torti e ragioni.
Cercando le tracce, a livello di cultura come suol dirsi “alta”, di orientamenti che furono propri in realtà di una fetta consistente di popolazione, l’a. mette a fuoco un aspetto decisivo della storia italiana della seconda metà del secolo, che l’interpretazione “monumentale” della Resistenza (la definizione è di Lutz Klinkhammer) ha finito con l’oscurare: la presenza, cioè, fin dal 1945, di milioni di italiani per i quali “parole come “antifascismo” e “Resistenza” non avevano alcun significato”. Non ultimo tra i meriti di questo libro è di fare ciò, di porsi cioè dinanzi alla “memoria della zona grigia” e di inventariarne le tracce letterarie, con l’atteggiamento di chi valuta un fenomeno alla luce della sua effettiva rilevanza, poco dunque curandosi di formulare condanne, che dal punto di vista dello storico risulterebbero prive di senso. Il libro rappresenta, dunque, anche un invito a superare atteggiamenti che hanno segnato tanta parte della storiografia italiana degli ultimi decenni del Novecento.

Giovanni Belardelli